Meditando queste cose

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21 dicembre 2025

IV Domenica di Avvento
Matteo 1,18-24 (Is 7,10-14 – Rm 1,1-7)
di fratel Guido Dotti

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele,

che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.


Giunti al termine dell’Avvento, le letture bibliche focalizzano il nostro cuore e la nostra attenzione sulla vicenda ordinaria e al contempo inedita di una coppia di promessi sposi, entrambi abitati da alcuni elementi propri dell’attesa del popolo di Israele, evocati nella profezia di Isaia: Giuseppe è discendente della “casa di Davide” (Is 7,13), nella quale doveva nascere il Messia; Maria è vergine, come la giovane che “concepirà e partorirà un figlio chiamato Emmanuele” (Is 7,14). Certo, ma questi “segni” necessitano di essere letti con gli occhi della fede e dell’obbedienza alla parola del Signore, quella “obbedienza della fede” (Rm 1,5) suscitata da profeti e apostoli, di cui parla anche Paolo ai cristiani di Roma nella seconda lettura. La fedeltà alle promesse è la realtà divina che soggiace al brano evangelico odierno, così come soggiace all’intera storia della salvezza. Così san Paolo definisce la sua missione di annunciatore del “vangelo di Dio, che Egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore” (Rm 1,1-4).

È in questo contesto di ascolto, rilettura, discernimento che appare a noi Giuseppe, come a lui apparve un angelo del Signore. Giuseppe è scosso, perplesso, ma la sua reazione di fronte all’inaudito è in tutto simile a quella della sua promessa sposa: “meditava, custodiva, considerava tutte queste cose nel suo cuore” (Mt 1,20 per Giuseppe; Lc 2,19 per Maria). E proprio questo atteggiamento di ruminazione della Parola non ottunde la mente e il cuore nel sonno ma li ridesta all’obbedienza: “Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la vostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti” (Rm 13,11). “Ora Giuseppe, svegliatosi dal sonno, fece come gli aveva prescritto l’angelo del Signore”. Giuseppe “pensa alle cose” che gli accadono, l’angelo gliene svela il nesso con la Scrittura e Giuseppe diviene “consapevole del momento” e agisce obbedendo alla volontà del Signore. Uomo giusto, uomo dell’ascolto, Giuseppe sa che lo Shemà Israel, il comandamento dell’ascolto contiene in sé l’esigenza della messa in pratica, dell’agire conformemente a quanto si è ascoltato. Lungi dal rifugiarsi nei sogni per evadere da una realtà troppo complessa da capire e troppo dura da sopportare, Giuseppe trova nel sonno – in cui egli dorme ma il suo cuore è desto, come l’amata del Cantico (cf. Ct 5,2) – il discernimento e la forza necessari per imprimere alla propria vita il sigillo della volontà del Signore, al prezzo di svolte, cambiamenti, esodi umanamente inspiegabili. Giuseppe, uomo di azione ponderata e silenziosa ma anche risoluta e tempestiva, rifugge dall’essere protagonista, non per viltà o falsa modestia, bensì per la consapevolezza che il protagonista, colui che agisce per primo, il Signore dell’azione è Dio. Giuseppe lo asseconda nella fedeltà dell’uomo di ascolto.

Giuseppe e Maria hanno stipulato un accordo sponsale chiamato a divenire segno e testimonianza dell’amore fedele di Dio per il suo popolo, Israele. Legame indissolubile che non ammette ripudio, in quanto segno dell’amore di Dio, i cui doni e le cui promesse sono irrevocabili (cf. Rm 11,29). Allora, di fronte alla promessa sposa Maria, incinta di Spirito santo, Giuseppe vede minacciata questa fedeltà: la sua unione con Maria rischia di sconfessare il Dio fedele. Come evitare di rinnegare nei fatti quella fedeltà divina cui Giuseppe aderisce con tutto sé stesso? “Giuseppe, figlio di Davide, non temere!”. Giuseppe non deve temere, non deve farsi da parte, non deve scomparire perché proprio lui, proprio la sua appartenenza alla casa di Davide costituirà un ulteriore segno della fedeltà di Dio. Un segno più grande ancora dell’amore sponsale: grazie all’ascolto obbediente di Giuseppe si adempirà ciò che è stato detto dal Signore.

Giuseppe ha un’unica reazione: “fece come gli aveva prescritto l’angelo del Signore” (Mt 1,24). Nessuna replica, nessuna richiesta di chiarimenti, nessun indugio frapposto: solo l’obbedienza fedele al Dio fedele. Giuseppe diventa così – in profondità e secondo i disegni di Dio – quello che era chiamato a essere: un testimone dell’amore fedele. Il nome dato a Gesù – “Il Signore salva” - l’Emmanuele, “Dio-con-noi” è il cuore della testimonianza del giusto Giuseppe e la buona notizia di cui siamo chiamati a essere testimoni nella quotidianità delle nostre povere vite.

L’Avvento – tempo propizio in cui le letture ci hanno invitato a riconoscere l’Atteso, a mettere a fuoco il nostro sguardo e il nostro cuore così da discernere il Veniente – ci ha condotto lungo la via della conversione fino alla soglia del mistero dell’Incarnazione, un po’ come la stella guiderà i Magi dal suo sorgere in oriente fino a Gerusalemme (cf. Mt 2,1-2.9) e poi ancora oltre, fino al “luogo dove si trovava il bambino” (Mt 2,9).


Bill Viola
The Dreamers, 2013
Video-installazione a sette canali HD, colore, suono stereo, loop continuo.

In questi video Bill Viola rappresenta delle persone immerse nell’acqua, distese, con gli occhi chiusi, in uno stato di sospensione. Non stanno semplicemente “dormendo”: sono consegnate a un altrove, separate dal mondo e dai suoi rumori. L’acqua diventa uno schermo, un velo tra il visibile e l’invisibile. Se ci soffermiamo a guardarle notiamo che respirano lentamente, sono assorte. Così come accade a Giuseppe mentre medita su quello che deve fare e si addormenta. Nella poetica di Viola l’acqua diviene il veicolo di una sospensione, un tempo per aprirsi a qualcosa di nuovo e inaspettato, per ascoltare una voce che viene da un altro. La luce di questi video è pacata, così come si rasserena il pensiero di Giuseppe dopo aver compreso la volontà del Signore sul proprio destino e quello della sua promessa sposa.


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