Dal doppio all'uno
9 dicembre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 23,25-32 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, Gesù disse alla folla e ai suoi discepoli: 25«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma all'interno sono pieni di avidità e d'intemperanza. 26Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi pulito!
27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all'esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. 28Così anche voi: all'esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
29Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, 30e dite: «Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti». 31Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. 32Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
Leggo questa pagina evangelica identificando quegli scribi e farisei a cui si rivolge Gesù con l’umano di ogni luogo e tempo, l’umano mai abbastanza lontano da dove non dovrebbe essere, l’ipocrisia, il mettersi volutamente una maschera recitando esteriormente una parte che non rispecchia la sua realtà e verità interiore. È all’uomo doppio, simulatore, affascinato dall’apparenza esteriore che sono rivolte queste parole.
I Versetti 25-26 e 27-28, quinto e sesto “guai”, attraverso le metafore delle stoviglie e dei sepolcri imbiancati a pasqua, sono un puntuale ritratto dell’uomo ipocrita, esteriormente pulito e bello a vedersi. Inappuntabile nell’igiene e nel vestire e puntuale nell’osservanza delle regole del gioco civile e religioso, un uomo perbene che sa curare la propria immagine e presentarsi alla gente, ma che dentro è pieno di avidità, di intemperanza, di iniquità. L’ipocrita, l’uomo doppio, è un cadavere ambulante profumato. Una descrizione e un giudizio, quelli offerti da Gesù.
I versetti dal 29 al 32, settimo guai, rimandano all’uso di edificare monumenti espiatori a profeti e giusti uccisi dal popolo e dai capi, una usanza a partire dal tempo dei Maccabei. Matteo ha verosimilmente davanti agli occhi la persecuzione dei discepoli da parte della sinagoga, e il “guai” di Gesù si rivolge a una categoria vista in continuità con gli antenati generatori di vittime. Una categoria in contraddizione: da un lato si rivolge al passato a onorare i colpiti ingiustamente, prendendo le distanze da chi li ha generati, d’altro lato al presente ne causa di nuovi, in continuità con gli iniqui aggressori di allora, addirittura colmando la misura dei padri, probabile allusione alla morte di Gesù. Una situazione schizofrenica, un caso di doppiezza che Gesù smaschera.
La cosa ci riguarda molto da vicino. Gesù vede la condizione reale di individui, comunità, Chiese, religioni e umano senza religione e giudica un guaio serio la loro situazione ipocrita, la scissione esteriore-interiore, apparenza-realtà, che dà all’esteriorità-apparenza il primato, con la deriva che ne consegue. E indica la via d’uscita: “Pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito”.
Il cammino dell’uomo è posto: un viaggio verso la propria interiorità, il cuore o l’anima, ad adempiervi un’opera di discernimento e di purificazione, spazzare via dal proprio interno ogni marciume, il pensare iniquo (Mt 12,35; 15,18-20) caratterizzato dal negare e dal negarsi all’altro, Dio-uomo-creato, che sporca e abbruttisce e che il corpo racconta rendendo inutile il mettersi ipocritamente maschere di perbenismo. Il rendere pulito un interno destinato a divenire dimora del Signore risorto e del suo solo pensiero, sentimento, desiderio, volere e comportamento. L’ingresso in un orizzonte di senso alto e puro che il corpo riflette, traduce e trasmette.
Questo grida Gesù agli scribi di ogni luogo e tempo: un atto di amore fino alla minaccia, un “guai” teso a risvegliare coscienze indurite e addormentate che la conversione è sempre possibile, l’esodo dalla doppiezza (sporchi dentro-puliti fuori) verso l’unità cuore-corpo: belli dentro e fuori, cristiformi nella “giustizia, misericordia e fedeltà” (Mt 23,23). Bellezza di chi pronuncia un guai che è solo amore a cui non resta altra risorsa per risvegliare, e mai e poi mai una condanna. A chi gli risponde con un no deciso Gesù risponde con lacrime d’amore. Ai guai succede il pianto su Gerusalemme amata (Mt 23,37-38).
fratel Giancarlo