Vivere il quotidiano “altrimenti”
15 dicembre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 24,32-44 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, Gesù disse: 32«Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. 33Così anche voi: quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. 34In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 35Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
36Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre.
37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata. 42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
“Quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino alle porte” (v. 32). Quel “tutte queste cose” si riferisce alla distruzione del tempio, agli sconvolgimenti della terra intera di cui Gesù ha parlato subito prima. Distruzioni e sconvolgimenti del creato li abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Anche noi facciamo parte di “questa generazione” (v. 34). Eppure queste parole sono introdotte dalla breve parabola del fico che apre alla speranza. Il fico è una delle poche piante in Israele che d’inverno perde le foglie; quando cominciano a spuntare le gemme e le prime foglioline, si sa che l’estate è vicina. Ma occorre vederle!
È più facile vedere la devastazione del mondo attorno a noi. Occorre essere vigilanti, non lasciarsi travolgere dagli eventi, e non lasciarsi travolgere neppure dal quotidiano, risucchiati dalla “normalità” dello scorrere dei giorni. Gesù ricorda i giorni di Noè: i suoi contemporanei, i suoi vicini mangiavano e bevevano, si sposavano: non facevano assolutamente nulla di male. Vivevano tranquillamente la loro vita, ma “non si accorsero di nulla” (v. 39). Potremmo dire che erano ubriachi di quotidianità, di una quotidianità vissuta superficialmente, in una specie di sonnambulismo. Non attendevano nulla. “Così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo”: l’uomo diventa ciò che attende, vive di ciò che attende.
La vigilanza non rende disincarnati. Tutt’altro. Il gesuita Paul Valadier ne parla “come di una virtù politica nel senso più forte del termine” (Christus 163 [1994], p. 265); la vigilanza si impone anche quando gli altri dormono, soprattutto quando gli altri dormono. La calma della notte può ingannare e la sentinella deve vigilare, deve saper discernere i segni del pericolo che si avvicina e il discernimento, che deve aprirsi all’azione, presuppone che il cristiano dispieghi tutte le sue capacità umane, i suoi talenti, per leggere la realtà e mettersi a servizio dei suoi fratelli. La fedeltà a Dio passa attraverso la fedeltà ai propri doni, ai propri carismi.
Un antico testo cristiano, un breve trattato indirizzato a un certo Diogneto, nome che indica “il figlio di Zeus”, cioè il pagano, un non-credente diremmo noi oggi, afferma che “I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per abiti. Non abitano neppure città proprie, né usano un linguaggio particolare, né conducono un genere speciale di vita … Abitando città greche o barbare, come a ciascuno è toccato in sorte, e seguendo le abitudini locali quanto agli abiti, al cibo e al modo di vivere, mostrano la meraviglia e il paradosso, da tutti riconosciuto, del loro comportamento” (A Diogneto 5,1-2.4).
Dov’è allora la differenza? Il trattatello esemplifica in seguito “la meraviglia e il paradosso” dell’agire dei cristiani. Da un lato fanno le cose che fanno tutti - mangiare, bere, sposarsi - ma il come è radicalmente diverso, perché dettato da quella Parola che non passa, in un mondo in cui tutto è di breve durata; perché sono consapevoli che il Signore viene, e già si fa presente oggi nella storia. “Superano le leggi”, vivono in tutto la legge dell’amore.
sorella Lisa