Il giusto nemico
13 marzo 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 5,20-26 (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù disse:"20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna.
23Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!
“Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella degli scribi”, dice il Vangelo, ma la giustizia “superiore” non è la nostra: è proprio quella di Dio. La giustizia di Dio non è una semplice retribuzione: rendere a ciascuno il suo. La giustizia di Dio è sempre eccessiva; in questo senso è “superiore”, perché supera la stretta linea del dovuto.
Quindi vi è sempre un eccesso, in Dio, la cui misericordia “scompiglia la linea della giustizia”, come insegnano gli stessi rabbini. E questo è ben spiegato dall’esegesi evangelica del comandamento di non uccidere, che non si limita all’omicidio, ma si estende a qualunque offesa recata al prossimo, anche solo verbale, anche quella cui magari qualcuno può essersi già abituato, come sentirsi dare dello “stupido”.
Il problema posto dal Vangelo è proprio quello dell’inimicizia. Vi è, in ogni convivenza, una possibile inimicizia. L’antìdikos qui non è il diavolo, ma chiunque ci sia nemico. Ora, va notato che il Vangelo registra il fatto: c’è una contesa, una lite, ma non dice chi dei due abbia ragione. Anzi, chi ha un torto da riparare fino all’ultimo centesimo, sono proprio io, non il mio nemico. Perciò, tra i due, c’è una giustizia da restaurare, non una qualche rivendicazione da avanzare.
“Mettersi d’accordo lungo la via”, riconciliarsi con il fratello finché si è in cammino, finché è ancora possibile, non vuol dunque dire difendere le proprie ragioni. Anche questo è giusto, è doveroso, ma non è ancora la giustizia evangelica. Si tratta, prima di tutto, di capire le ragioni dell’altro, anche quelle di chi ci è nemico. Una vecchia categoria giuridica offre qui una spiegazione: è quella del justus hostis, del “giusto nemico”. Un nemico può anche essere “giusto”.
Questa è, appunto, una giustizia “superiore”, una giustizia che talvolta ci risulta davvero eccessiva, esigente fino all’estremo: saper riconoscere che un nemico può avere più ragione di noi. Altrimenti il conflitto degenera, va fuori controllo, e l’avversario, l’antìdikos viene demonizzato, come di fatto viene detto altrove: “Fratelli, sorelle, siate sobri e vigilanti, perché il vostro avversario, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,8).
Justus hostis: un nemico che ha le sue ragioni. Noi diamo per scontato che il nemico abbia torto, e che noi invece siamo nel giusto. Ma il nemico ci costringe a rivedere la nostra prospettiva. Infatti, può darsi che un altro ci sia nemico proprio perché è più giusto. “Perché non sapete valutare da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12,57). Il fatto è che noi non sappiamo valutare da noi stessi ciò che è giusto.
Occorre sempre il concorso di tutti per stabilire la giustizia. Così pure è la nostra preghiera: l’intelligenza di ciascuno è indispensabile. Ma perché la preghiera di ciascuno sia efficace, occorre che essa sia accordata alla preghiera degli altri, occorre che la nostra preghiera sia comune. Solo “se due o tre si metteranno d’accordo per chiedere qualcosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà” (Mt 18,19). Solo se avviene una riconciliazione con l’altro si ristabilisce la giustizia.
fratel Alberto