Astieniti dal male e fa' il bene

Costellazione del Cigno
Costellazione del Cigno

16 dicembre 2024

Mt 24,32-44 (Lezionario di Bose)

In quel tempo, Gesù disse : «32Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. 33Così anche voi: quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. 34In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 35Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
36Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre.
37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
 42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.


Sappiamo bene che il Signore è vicino, ed è davvero vicino sempre. Questa sapienza, questa consapevolezza, nasce semplicemente dalla nostra capacità di osservazione, come quella del contadino: se spuntano le foglie del fico si sa che i frutti stanno per venire. Capacità di sintonizzarci con il ciclo delle stagioni e dei prodotti della terra. Capacità che non è scontata, che richiede anch’essa un addestramento, un’esperienza. 

Ma l’addestramento, l’abilità manuale, non è sempre sufficiente. Due uomini sono nel campo, entrambi stanno facendo ugualmente il loro lavoro. Non è detto che l’uno sia capace e l’altro sia incapace; eppure uno è portato via, è scelto, è salvato, mentre l’altro è scartato, è lasciato stare, non viene neppure conteggiato. Due donne alla macina: la stessa cosa. Perché non tutte e due? Perché nella vita bisogna sempre scegliere. Siamo sempre di fronte a un bivio, dobbiamo sempre dire di sì o di no.

Anzi, tutta la nostra vita consiste proprio in questo addestramento, in questa purificazione delle nostre intenzioni, perché riusciamo finalmente a conoscere il bene e il male, a dire di sì o di no istintivamente, benché molte volte proprio quello che ci sembrava un bene si risolve in un male, e viceversa, quello che ci pareva un male, che ci contrariava, che ci faceva soffrire come una spina nella carne, si rivela essere un bene, la soluzione provvidenziale di tutti i nostri problemi.

Vi è dunque una capacità che dobbiamo esercitare, che dobbiamo affinare, nel dire di sì o di no, nel scegliere il bene oppure il male. E il criterio di questa scelta, di questa distinzione, è semplicissimo, è presto detto: è la vita, è ciò che ci fa vivere e non morire. Soprattutto ciò che fa vivere e non morire gli altri, quelli che ci sono più cari.

U-vacharta ba-chajjim, si legge nella Bibbia ebraica (Dt 30,19): un motto che ha determinato molte sopravvivenze, anche nelle condizioni più difficili, nei casi estremi. “Scegli la vita”, scegli quello che fa vivere, rifiuta le opzioni mortifere, le soluzioni magari più facili, però anche più offensive. Scegliere la vita non vuol dire scegliere la cosa più comoda, più immediata: richiede anzi molto spesso la capacità di vedere più lontano.

Non si tratta quindi di un gioco, di preparare la contromossa, anzi per lo più si deve agire quasi sovrapensiero. Ma con una predisposizione previa verso il bene, con un moto di carità verso l’altro, un moto che scompagina l’ordine delle cose o, come si dice ancora in ebraico: “Oltrepassa la linea del giusto”, va oltre quelle che possono essere le soluzioni acquisite, sperimentate.

Si tratta, in altri termini, di imparare, come dice ripetutamente il Salterio, ad “astenerci dal male” e a “fare il bene”. Sono due cose pressoché simultanee, non una che preceda l’altra come condizione previa: non si può mai decidere di non fare il male, se nel contempo non si individua anche una scelta positiva verso il bene. Certo, occorre una disposizione acquisita di bontà, di interesse per l’altro, di “simpatia”; altrimenti, i nostri rapporti diventano puramente formali: diventano appunto un gioco, un video-game dettato da un’intelligenza artificiale.

fratel Alberto


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