Sotto le sue ali
11 dicembre 2024
Mt 23,33-39
In quel tempo, Gesù disse agli scribi e ai farisei: 33Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geènna?
34Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; 35perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l'altare. 36In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione. 37Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! 39Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte:
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
Con il testo odierno si conclude la lunga requisitoria di Gesù alle guide religiose giudaiche del suo tempo che occupa l’intero capitolo 23 di Matteo. Nei giorni scorsi abbiamo già notato la durezza di queste parole che veicolano un giudizio di condanna apparentemente senza appello; restiamo come disorientati, non riuscendo a riconoscervi il Gesù della montagna che predica l’amore e il perdono.
Ma che cosa ci fa sembrare “eccessivo” questo linguaggio: il nostro spirito di condiscendenza e tolleranza o piuttosto la nostra poca passione per Dio e i fratelli, la nostra indifferenza?
Il brano pone una riflessione sul dramma di Israele e al tempo stesso contiene un ammonimento alla chiesa e a noi discepoli che siamo facilmente portati a pensare che non ci riguardi. Vi sono rievocati i profeti e la loro sorte dolorosa nel cui solco Gesù colloca il suo ministero. L’intensità del lamento riflette quella del suo coinvolgimento interiore nel dramma di un’offerta di salvezza che viene sistematicamente rifiutata dal popolo al quale egli è stato inviato, che ha servito senza risparmiarsi come il pastore che sente compassione per le sue pecore stanche e ferite.
È da questa sollecitudine che scaturisce lo sfogo di Gesù per tutti coloro che un certo tipo di insegnamento anziché aiutare finisce per ostacolare; che restano vittime della mancanza di giustizia; che si smarriscono seguendo “guide cieche” che “dicono e non fanno”. Qui, più specificatamente, si rivela l’atteggiamento contraddittorio di chi, dissociandosi dalle colpe dei padri, innalza monumenti ai profeti di ieri ormai inoffensivi, mentre respinge e perseguita quelli di oggi. A costoro Gesù domanda la conversione del cuore attraverso cui è possibile riconoscersi solidali con tutta un’antica storia di peccato dalla quale solo l’intervento di Dio può salvarci. Siamo noi “questa generazione”! Il male, nelle sue molteplici deviazioni, è accovacciato in noi e va riconosciuto come tale (cf. Gen 4,7).
“Gerusalemme, Gerusalemme…”. Il giudizio di condanna lascia spazio a un lamento accorato. Gesù si rivolge a Gerusalemme personificata e ripete per due volte il suo nome, rivelando una profondità di sofferenza che è commisurata all’intensità dell’amore per la città e il popolo. La sua misericordia ci avvolge come i pulcini sotto le ali di una chioccia; e ne saremo avvolti fino a quando lo riconosceremo come il “Benedetto che viene nel nome del Signore”. Un’affermazione, questa, che sembra far trapelare uno spiraglio di speranza sul giudizio di condanna appena pronunciato. Al di là della giustizia e dell’ira, c’è il mistero della compassione.
“Già nei profeti l’annuncio della salvezza è fuori contesto, ha sempre qualcosa di inopinato proprio perché non si fonda sull’iniziativa dell’uomo, su una capacità di uscire dal suo peccato, ma su un intervento gratuito della misericordia di Dio. Qui, come nell’Antico Testamento, l’invettiva resta espressione di amore, che non ci sottrae al giudizio, ma proprio attraverso il giudizio, per vie misteriose che Dio solo conosce, vuole portarci alla salvezza” (V. Fusco). In questo tempo di Avvento rinsaldiamo i nostri cuori in forza di questa speranza!
fratel Salvatore