Il magistero di un gesto “irrilevante”
25 novembre 2024
Lc 21,1-4
In quel tempo 1 Gesù alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le offerte nel tesoro del tempio. 2Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, 3e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. 4Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Il vangelo odierno ci presenta Gesù che fornisce un felice esempio di comunicazione di un evento. Tutto è dominato dallo sguardo di Gesù che, nel Tempio, alza gli occhi, vede i ricchi che gettano denaro nelle cassette destinate alla raccolta delle offerte e vede una povera vedova che vi getta una cifra irrisoria (vv. 1-2). Poi Gesù comunica quanto ha visto ai discepoli e il suo racconto ne mostra un’interpretazione particolare. Gesù narra solo il gesto della donna, o meglio, contestualizza il fatto, tace ciò che si impone e dà voce all’irrilevante, dicendo che la donna ha versato nelle casse del Tempio molto più di quanto hanno dato i ricchi. Loro hanno dato del superfluo, lei ha dato tutto. Gesù vede, cioè discerne, giudica, interpreta.
Qual è l’evento? La donazione significativa, probabilmente molto generosa dei ricchi (Mc 12,41 scrive che “molti ricchi gettavano molto”)? Il gesto che si impone per la sua consistenza? Questo potrebbe far notizia. Gesù vede invece l’invisibile e racconta l’irrilevante. Siamo alla sequenza di visione della realtà – lettura e interpretazione dei fatti – narrazione. E come la visione del fatto per Gesù è selettiva, così lo è l’interpretazione.
Un altro sguardo sul dono della donna potrebbe rilevarne l’assurdità: si potrebbe dire che la donna, nella sua semplicità, è prigioniera di un sistema che la spinge a dare il poco che ha all’istituzione di cui sono complici gli scribi che “divorano le case delle vedove” (Lc 20,47). Un gesto insensato, autolesionista, che può rappresentare il punto più basso cui giunge l’abuso nell’ambito dello spirituale conducendo una persona a interiorizzare il comportamento che l’abusante vuole da lei: Gesù aveva già bollato il Tempio come “covo di ladri” (Lc 19,46). E la povera vedova dona tutto quanto aveva per vivere proprio ai custodi di quel sistema iniquo che la sfruttava senza probabilmente che lei nemmeno se ne accorgesse.
Il gesto della donna può dunque risultare inutile, ingiusto, perfino stolto: cosa aggiunge ai destinatari delle offerte una somma così infima di denaro? Perché farsi complici di chi ti usa? Eppure Gesù fa di quel gesto un atto magisteriale. Il suo sguardo, che pure vede anche le deviazioni che in nome del religioso avvenivano nel Tempio, opera un discernimento “guardando non l’apparenza, ma il cuore” (cf. 1Sam 16,7). Lo sguardo di Gesù è etico perché dà rilievo all’irrilevante, voce a chi non ha voce, visibilità a chi è invisibile, ma soprattutto è rivelativo dello sguardo di Dio, traduce lo sguardo che Dio ha sugli umani e diviene esemplare per i suoi discepoli.
Un gesto insignificante – un’elemosina di poco conto – attraverso i vangeli è passato alla storia e parla ancora oggi a noi. Perché comunicare ai discepoli il gesto della donna? Perché ne apprendano la lezione e ne diventino eredi: quella donna diventa l’icona dell’autentico donatore, il simbolo della gratuità e della follia dell’amore. L’amore che può condurre a farsi dono, a spendere la vita senza gratificazioni, senza riconoscimento, senza echi mediatici, lontano dai riflettori, nel silenzio. Ma nella coerenza del cuore. Come quella donna che “nella sua penuria ha donato tutto il suo sostentamento”.
fratel Luciano