Parole che profumano mitezza
1 novembre 2024
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 5,1-11 (Lezionario di Bose)
In quel tempo 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
In questa solennità Dio ci riunisce con i santi, suoi amici, in una gioiosa comunione fraterna. Accanto a questi amici del Signore cercheremo di ascoltare ancora una volta il messaggio delle beatitudini nel vangelo secondo Matteo.
Per nove volte Gesù pronuncia la parola “Beati”: beati, non perché sazi, ridenti, ricchi, riusciti, ammirati. Con la parola “beati” Gesù si indirizza a gente povera, tribolata, perseguitata, languente di pace e giustizia, a chi ha il cuore nel dolore e nel lutto. Una parola che sconvolge e suscita meraviglia. Chi è costui che ha l’audacia di parlare di felicità a persone segnati da difficoltà e sofferenza?
Se il dolore della vita, i problemi, i fallimenti, i conflitti, le frustrazioni... non ci hanno ancora anestetizzati o resi amari o cinici, forse questa parola ci tocca nel profondo, nel cuore di un desiderio di felicità che cova nel nostro intimo. Questa parola può metterci in movimento? Chi è che ci parla di felicità come chi accende una luce nel buio, come chi ci invita ad alzarci e. insieme a Lui. camminare ancora?
Gesù, il Cristo, ha attraversato lui stesso le tenebre. È stato deriso, flagellato, consegnato, condannato. Ucciso, muore abbandonato su una croce, e dopo tre giorni è risuscitato (Mc 10,33s). Quando parla, la sua parola è autorevole: essa ha il peso della sua esperienza, annuncia la Pasqua, ha il profumo della sua mitezza. Le sue parole portano l’infinito amore del Padre per ognuna delle sue creature. È Gesù Il beato per eccellenza.
Con Gesù ci sono i suoi amici che gli assomigliano. Le beatitudini, infatti, sono pronunciati al plurale. Gesù è insieme a tutti gli uomini e donne che l’hanno seguito, che hanno fatto della sua via il proprio cammino di vita, e in Lui e con Lui hanno trovato la pace e la felicità paradossali del regno di Dio.
Sono beati. Non dopo la morte. No. Hanno trovato la gioia attraverso uno sguardo “altro” sulle situazioni, sul mondo, sugli uomini e sulle donne che lo abitano, su sé stessi. Il loro è uno sguardo trasfigurato. Vedono “il mondo raccolto in un raggio di sole”, come scrive san Gregorio Magno di san Benedetto da Norcia (Dialoghi II 25,1-2). Guardano al loro prossimo con lo sguardo del Signore e vedono in ognuno un figlio/figlia di Dio, amato e desiderato, promesso alla salvezza.
Un tale sguardo cambia il comportamento, diventa accoglienza incondizionata dell’Altro, dell’altro/a. Un'accoglienza che è ritrovamento di un “noi” nella comune umanità ferita e promessa alla gioia del Padre.
Le beatitudini pronunciate da Gesù aprono un cammino – aprono a un cammino di fede – che è insieme cammino di guarigione e apprendimento della saggezza dell’evangelo.
“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (v. 8). Questa beatitudine potrebbe rivelarci il nostro cuore malato, diffidente dell’amore, senza speranza in un futuro, rinchiuso nell’ autoreferenzialità. Può darsi che ci tocchi nel desiderio di un cambiamento. Ebbene, alzare gli occhi e aprire il cuore a Dio potrebbe essere l’inizio di una trasformazione che ci condurrebbe alla felicità di (ri-)scoprire “la sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14).
sorella Alice