Il segno di luce
14 ottobre 2024
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 11,29-36 (Lezionario di Bose)
In quel tempo mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. 30Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. 31Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. 32Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona.
Nessuno accende una lampada e poi la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sul candelabro, perché chi entra veda la luce. 34La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso. 35Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. 36Se dunque il tuo corpo è tutto luminoso, senza avere alcuna parte nelle tenebre, sarà tutto nella luce, come quando la lampada ti illumina con il suo fulgore".
Le parole di Gesù che precedono il brano di oggi sono, come sempre, un invito all’ascolto. Alla donna che chiama beato il ventre che lo ha portato, Gesù risponde che sono beati quelli che ascoltano la Parola e la custodiscono in sé.
Qui Gesù riprende con forza la sua esortazione al vero ascolto svelando dapprima quello che c’è nel cuore delle folle che lo seguono: vogliono un segno chiaro, inequivocabile, un miracolo operato da lui. Aspettare un segno appunto che si imponga, cercare altri segni è un modo per sfuggire alla responsabilità della conversione.
Ma la fede che Gesù chiede non nasce da un miracolo che abbaglia, ma nasce proprio da un non-miracolo, nasce dalla Parola di verità che è Gesù stesso alla quale Lui ci invita ad aderire, che ci invita a custodire in noi.
Gesù fa riferimento alla Scrittura, e nella Scrittura evidenzia quell’unico segno che ci verrà dato: il segno di Gioia.
L’evangelista Matteo interpreta questo segno come la resurrezione di Gesù. Come Giona restò per tre giorni nel ventre della balena per poi essere liberato, così Gesù resterà per tre giorni nel ventre della terra per poi essere liberato dalla morte.
Nel vangelo secondo Luca il segno di Giona sembra essere la sua predicazione, l’invito alla conversione rivolto ai Niniviti. Invito che essi ascoltarono pentendosi e non chiedendo altri segni.
Il segno per eccellenza è già stato dato da Gesù, è l’annuncio della misericordia di Dio per la salvezza di tutti gli uomini che passa attraverso la sua passione, morte e resurrezione.
Un annuncio che possiamo rifiutare perché il Signore rispetta la nostra libertà: proprio per il suo grande amore per noi la rispetta.
I segni spettacolari costringono ad un assenso, senza alternativa. Qui invece Gesù ci dona un amore che è senza costrizioni.
I Niniviti hanno creduto alla profezia, alle parole di Giona, come la regina di Saba ha ascoltato e aderito alla sapienza di Salomone.
E qui nasce la domanda per noi: cerchiamo segni o accogliamo la Parola cercando di aderire ad essa e così rendere puri i nostri cuori?
Siamo posti di fronte alla Parola del Vangelo che è sapienza, verità che ci può illuminare e aprire alla vera vita, possiamo accoglierla o possiamo rifiutarla cercando altro su cui fondare la nostra vita.
E segue ancora una parabola sulla lucerna, sulla luce.
“La luce è venuta nel mondo” ci narra il Vangelo secondo Giovanni, ma “le tenebre non l’hanno accolta”.
Per ascoltare in profondità la Parola ci vuole una disponibilità piena, una fiducia totale che è solo quella del peccatore che si converte: questo è un cuore liberato dalle tenebre.
“La lucerna del tuo corpo è l'occhio”.
L’occhio con il quale guardiamo il mondo svela il nostro essere interiore. Mi stupisce sempre la ricchezza e la molteplicità del nostro sguardo. Il nostro occhio non cambia colore, non cambia fisicamente, eppure attraverso il nostro occhio, il nostro sguardo, traspare la gioia, la tristezza, la paura, l’ostilità che è in noi.
Il nostro sguardo dice all’altro come vogliamo vivere la nostra relazione con lui, se all’insegna della fiducia e dell’accoglienza o del rifiuto e della diffidenza.
È il ponte che abbiamo verso l’altro da noi che trasmette la nostra verità, la nostra interiorità e non mentisce.
Se in noi custodiamo la Parola, in una conversione continua, allora passiamo dalla tenebra alla luce e questo modella la nostra vita, la trasfigura e così la luce può risplendere per noi e per gli altri.
La luce che illumina il credente si diffonde e può rendere luminosa ogni cosa: a questo siamo chiamati.
sorella Margherita