Nelle mani degli uomini
28 settembre 2024
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 9,43b-45 (Lezionario di Bose)
In quel tempo 43bmentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: 44«Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». 45Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
«La mano è azione: afferra, crea, a volte si direbbe che pensi. In stato di quiete non è un utensile senz’anima […]. In essa permangono, in fase di riflessione, l’istinto e la volontà di azione […] La mano ha fatto l’uomo. Alta nel vento, aperta e spartita come un ramo lo ha spinto a dominare i fluidi […]. Pare di vedere l’uomo dell’antichità respirare il mondo attraverso le mani, tendere le dita per farne una rete atta ad afferrare l’imponderabile» (H. Focillon).
Anche la Scrittura è un libro in cui sono all’opera molte mani, da quelle plasmatrici del Creatore a quelle del Figlio che tocca, risana, benedice, spezza i pani, condivide la coppa del vino o il pesce abbrustolito. Mani che creano, che ricreano, che feriscono, che sono ferite, che benedicono, che ascendono…
Altrove il salmista descrive poeticamente un intreccio di mani, quelle di Dio e quelle degli uomini, le une colme di misericordia, le altre grondanti sangue:
Ma io ho fiducia in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
nelle tue mani è il mio tempo».
Liberami dalle mani dei miei nemici
e da quelle dei miei persecutori (Sal 31,15-16).
In manibus tuis…, de manu inimicorum… Fra un complemento di stato in luogo e uno di allontanamento, si delinea un’autentica poetica della mano, che percorre l’uno e l’altro Testamento. Le mani: simbolo luminoso dell’agire creativo di Dio, della sua forza che plasma, sorregge, accompagna e protegge il tempo, i giorni, cioè l’esistenza intera e la vita dei suoi figli, ma anche simbolo notturno del rifiuto, della violenza e del male compiuto dagli uomini, nelle cui mani incapaci di accoglienza è stato consegnato il Messia di Dio: «Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini» (Lc 9,44).
Come notava Aristotele, «adottando l’arma che vuole e quando la vuole, la mano può diventare artiglio, chela, corno, o anche lancia, spada e ogni altra arma o strumento: tutto ciò può essere, perché tutto può afferrare e impugnare» (Aristotele).
La mano dell’uomo, nella sua ambivalenza, diviene così simbolo che riassume la violenza, l’odio, l’esclusione, il rigetto e la morte. Suona «misterioso» (v. 45) l’annuncio di Gesù (parakekalymménon, velatum), come sempre resta coperto, nascosto, celato il senso della sofferenza del giusto, del martirio dei pacifici, della persecuzione dei profeti. Forse, semplicemente, perché il primo mistero coperto, nascosto, celato è quello del cuore umano, che si dibatte fra la superficialità giudizi di comodo, la non-percezione della banalità del male, e l’ignoranza di quel che si sta facendo…
Ma, al termine della sua vicenda terrena, il Gesù di Luca invocherà altre mani, alle quali affidare la propria vita: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», griderà il Figlio prima di spirare (Lc 23,46).
Nel vivere e nel morire, noi cadiamo, ma l’abbandono fiducioso del Figlio suggerirà che la nostra caduta viene accolta nelle mani di Qualcuno che ci sorregge e ci abbraccia «con dolcezza infinita», come scriveva Rainer Maria Rilke:
Tutti cadiamo. Cade questa mano,
e ogni altra mano che tu vedi.
Ma tutte queste cose che cadono, Qualcuno
con dolcezza infinita le tiene nella mano.
un fratello di Bose