I gesti della guarigione

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

31 agosto 2024

Mt 20,29-34

In quel tempo 29mentre Gesù e i discepoli uscivano da Gerico, una grande folla lo seguì. 30Ed ecco, due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava Gesù, gridarono dicendo: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». 31La folla li rimproverava perché tacessero; ma essi gridavano ancora più forte: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». 32Gesù si fermò, li chiamò e disse: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 33Gli risposero: «Signore, che i nostri occhi si aprano!». 34Gesù ebbe compassione, toccò loro gli occhi ed essi all'istante ricuperarono la vista e lo seguirono.


Gesù sta camminando, e “una grande folla lo seguì” (v. 29). In questo cammino un grido lo raggiunge, un grido di aiuto, il grido corale di due uomini ciechi: “Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!” (v. 30). Un grido di asseverata fiducia in quell’uomo che nei loro cuori è già, con una convinta forza espressa dalla triplice ripetizione, “il Signore” (vv. 30.31.33). 

Questi due mendicanti “seduti lungo la strada”, due uomini privati della vista, esercitano un ascolto attento, non degli occhi ma del cuore: “Sentendo che passava Gesù …” (v. 30). Tra Gesù e i due ciechi vi sono molte persone, vi è un muro di “folla” (v. 31), dice il testo, che reagisce al grido dei due ciechi zittendoli, togliendo la parola a chi già è privo della vista. 

Una folla che mostra di non conoscere – pur seguendolo (cf. v. 29) – Gesù, il quale smentisce immediatamente il loro comportamento: Gesù dà voce a chi è nel dolore, non lo zittisce, non gli impedisce di esprimersi come può e come riesce. Anzi, Matteo si sofferma sull’atteggiamento di attenzione e di cura di Gesù: “Si fermò, chiamò [i due ciechi] e disse” loro una domanda (v. 32). Gesù si ferma, si arresta, perché del suo cammino fa parte il fermarsi per dare ascolto al grido di chi è nel bisogno, chiunque esso sia e qualunque sia il suo bisogno; anzi l’ascolto e la cura, la presa in carico, la responsabilità verso chi dalla propria miseria è condotto a gridare il proprio disperato bisogno di aiuto è elemento decisivo di quel cammino e non ne è elemento di disturbo.

Una folla che mostra inoltre di non conoscere né ascoltare nemmeno il bisognoso, di non esserne minimamente toccata. Il loro cammino si dimostra ancora debole, non abitato dalla forza che viene dal Signore, quella forza che invece è in Gesù e che lo porta a sottomettersi ai ciechi che ha davanti a sé, perfino chiedendo cosa vogliono che faccia per loro. Come se non fosse evidente che un cieco vorrebbe vedere… Ma Gesù dà la parola, non zittisce, poiché sa bene che una persona, anche un cieco, vive della parola e del potersi dire. E così chiede loro: “Che cosa volete che io faccia per voi?” (v. 32). Chi è lui per decidere e determinare il bisogno dell’altro? Ma soprattutto, chi siamo noi per farlo? Egli chiede e si rimette alla volontà di chi ha di fronte; non si pone nella postura di chi sa e ha potere, ma, come ha appena chiesto ai suoi discepoli (cf. vv. 24-28), così lui dà l’esempio e si fa servo di tutti, anche dei due ciechi lungo la strada, rimettendosi al loro volere. 

Gesù dà fiducia a coloro che gridano, li ascolta, si ferma per loro e con loro “perde” tempo. Gesù non fa altro che accogliere con compassione – “ebbe compassione” (v. 34) –, ascoltare un grido dandogli diritto di espressione e farsi prossimo – “toccò i loro occhi” (v. 34) – con amorevole cura. Accoglienza, compassione, ascolto, prossimità e cura: ecco i gesti della guarigione, che riportano alla luce – “recuperarono la vista” (v. 34) – e rimettono in cammino – “e lo seguirono” (v. 34) –.

fratel Matteo