La lampada posta sul lucerniere

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

24 maggio 2024
Mc 4,21-25 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse:«Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? 22Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. 23Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
24Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. 25Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».


“A che cosa rassomiglieremo il regno di Dio? O con quale parabola possiamo descriverlo?”, dice Gesù prima di narrare la parabola del granello di senape (Mc 4,30). Come parlare del regno? Che linguaggio adottare per annunciare il vangelo? Gesù utilizza parabole, immagini tratte dalla vita quotidiana, un linguaggio sapienziale, concreto, non astratto, non dogmatico o teologico. E noi oggi?

Nel passo odierno il vangelo di Marco unisce quattro detti che troviamo anche altrove in Matteo e Luca, e li riporta come insegnamento di Gesù dato ai suoi discepoli in disparte (cf. Mc 4,10). A loro spiega anzitutto la parabola del seminatore, essenziale per poter capire le altre. Quindi ricorre a due paragoni: quello della lampada e quello della misura.

Sulla lampada la domanda che Gesù pone è retorica. È ovvio che la lampada non va nascosta, può illuminare solo se posta nel posto giusto, in alto, sul candelabro per illuminare tutta la casa. Che cosa indica questa lampada? Nel Nuovo Testamento la troviamo riferita a Giovanni Battista (cf. Gv 5,35), alla parola dei profeti (cf. 1Pt 1,19). 

Qui la lampada indica l’insegnamento di Gesù. Ci aspetteremmo che come lampada posta in alto illuminasse tutto, tutta la casa della nostra vita, tutta la casa dell’umanità, della storia ... e invece quanti angoli restano oscuri, quanti spazi avvolti della tenebra! È stata l’esperienza dei discepoli, è ancora la nostra. Ciò che è segreto sarà manifestato, ciò che è nascosto sarà messo in luce. Quando? Quando la lampada sarà posta sul lucerniere, su quel candelabro che è la croce. Solo la croce di Cristo illumina, rivela il senso, apre alla luce piena della resurrezione, alla speranza di cieli e terra nuova. Solo nella debolezza, nel nascondimento va colta la forza di Dio (cf. Fil 2,5-10; 1Cor 1,27). 

Ai suoi discepoli e a noi Gesù rivolge l’ammonimento: “Chi ha orecchi per ascoltare ascolti!” (v. 23). Siamo rinviati ad ascoltare la Parola che ci ha annunciato il Cristo, siamo rinviati a lasciarci guidare da questa Parola; “lampada per i miei passi è la tua parola” canta il Salmo 119 al v. 105. La “luce del mondo” (Gv 8,12) illumina dal lucerniere della croce, noi suoi discepoli chiamati a essere “luce del mondo” (Mt 5,14) lo siamo nella comunione con il Cristo morto e risorto, lo siamo di riflesso, se lasciamo vedere nella nostra vita “opere belle” (Mt 516), segni della bellezza di Dio, della bellezza del regno che trapela nel già e non-ancora di questo tempo. 

Anche l’ultimo detto riprende il tema dell’ascolto collegandolo alla parafrasi di un proverbio assai diffuso nel mondo ellenistico romano che diceva “Il ricco diventa sempre più ricco, il povero sempre più povero”. Ciò che gli ascoltatori della parola ricevono è proporzionato al loro ascolto. Siamo rinviati all’inizio del c. 4, all’invito che risuona all’inizio della parabola del seminatore: “Ascoltate”. Più uno ascolta – la Parola, la storia e la sua storia personale alla luce della Parola – e più la luce comincerà a risplendere, e più accoglierà “il mistero del regno di Dio” (Mc 4,11). 

sorella Lisa


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