Isolamento e solitudine

L'uomo di oggi fa molta fatica a trovare la strada della solitu­dine, la strada che lo conduce a se stesso, al mondo e a Dio.
Cos'è, dunque, la solitudine? Se essa si definisce in base alla relazione che ho con l'altro in cui m'imbatto o con l'altro che giace nella parte più intima di me stesso, la solitudine è il con­trario dell'isolamento, che invece nega tale relazione.
L'isolamento si distingue dalla solitudine in quanto nega la possibilità dell'apertura all'altro, vissuta sempre come un'altera­zione. Più in profondità, esso è negazione del desiderio che por­tiamo in noi, il desiderio dell'altro. L'isolamento e il mutismo vanno di pari passo, perché la relazione con l'altro trova l'e­spressione propria nella parola, e la negazione della prima com­porta la scomparsa della seconda. Si potrebbe dire che l'isola­mento stia alla solitudine come il mutismo sta al silenzio. Tacere implica che si abbia qualcosa da dire; essere soli suppone anche la possibilità di non esserlo, di essere aperti al mondo. La pre­senza dell'essere amato è sentita, nella solitudine, come un'as­senza. Nell'isolamento la separazione è vissuta come un'inquie­tante interruzione del contatto. Per provare a se stesso che esi­ste, l'isolato ha bisogno della presenza materiale dell'altro, per quanto insopportabile. La scomparsa o il cambiamento dell'altro lo fa precipitare in una dolorosa incertezza, quella che compare quando è venuto meno ogni punto di riferimento.

Denis Vasse “Uno sguardo umano: dall’isolamento alla solitudine”,
in “{link_prodotto:id=350}, P. Beauchamp, A. Louf e AA.VV., Qiqajon, Bose