Il volto di Maria

Odighitria 14° sec. Monastero di Vatopedi, Monte Athos
Odighitria 14° sec. Monastero di Vatopedi, Monte Athos
Come era il volto di Maria: madre di Gesù nei vangeli, Madre di Dio nella confessione della chiesa?

La tradizione bizantina ci tramanda una tipologia rimasta stabile nei secoli. Un manuale di iconografia così descrive la Madre di Dio:

Era alta tre cubiti (la stessa altezza attribuita a Cristo, dove 1 cubito è circa 50 cm), aveva ciglia lunghe, naso di media lunghezza, dita affilate, era semplice, non orgogliosa, amava i vestiti di colore naturale; quanto al carattere era umile, parlava poco, obbediva velocemente, non ardiva parlare troppo liberamente con chicchessia, era lontana dal riso e dal turbamento, non irascibile, affabile, onorava tutti (Fotis Kontolou).

Avorio bizantino (500-550) Adorazione dei magi e Natività. British Museum
Avorio bizantino (500-550) Adorazione dei magi e Natività. British Museum
Questa descrizione del più autorevole iconografo greco moderno riprende quanto dettato in un manuale di iconografia del Monte Athos dell’inizio del XVIII secolo (cf. Dionisio da Furnà) e, risalendo nel tempo, gli scritti del monaco Epifanio dell’xi secolo e la Vita di Maria, attribuita a Massimo il Confessore (considerata la prima opera di Massimo, risalente agli inizi del vii secolo, esiste solo in una versione georgiana della fine del x sec a cura del monaco Eutimio del monastero di Iviron sul Monte Athos). Massimo riporta che Maria

Era piena di grazia e io direi che era assolutamente degna di ogni grazia, intelligente riguardo a immagini e parole, scrutatrice delle visioni divine, completamente esente da turbamento, collera e pettegolezzi, bella nell’anima e nel corpo, di statura normale, ricolma di ogni bontà e di ogni buona azione.

Il monaco Epifanio si sofferma sui particolari fisici, anche se comprendiamo che, più che la realtà, essi rispecchiano un ideale estetico contemporaneo:

“Era di altezza media, o, come dice qualcuno, un po’ superiore alla media, del color del grano, capelli fulvi e occhi verdi (Niceforo preciserà: come se le pupille avessero il colore dell’olio), occhi belli, ciglia nere, ricolma di grazia divina e di bellezza”;

seguono i tratti del suo carattere: nemica del fasto, semplice, umile, ecc.

Roma, Catacombe di Commodilla affresco di Turtura 530 ca: Madre di Dio con il Bambino, i santi Felice, Adautto e la vedova Turtura
Roma, Catacombe di Commodilla affresco di Turtura 530 ca: Madre di Dio con il Bambino, i santi Felice, Adautto e la vedova Turtura
Della bellezza di Maria parla l’anonimo pellegrino di Piacenza, che verso il 570 ci dà la prima testimonianza su Nazareth: “In quella città tanto è il fascino delle donne ebree che da nessun’altra parte al mondo se ne trovano di più belle. Dicono che è un’eredità della beata Maria, che considerano loro parente diretta. E anche se non c’è alcuna benevolenza tra ebrei e cristiani queste donne sono colme di ogni benevolenza”. Sempre, dunque, quando si parla della bellezza di Maria ci si riferisce in maniera inseparabile all’aspetto fisico e al suo comportamento, in cui si riflettono l’intelligenza, il tatto, l’attenzione e la cura che fanno bello il suo agire.

Le testimonianze antiche dell’arte visiva circa il volto di Maria sono incerte e oggi gli studiosi sono propensi a ritenere che non sia possibile individuare rappresentazioni sicure prima del volgere del V- inizio del VI secolo.

Ravenna Sant’Apollinare Nuovo, mosaico teodoticiano, inizio 6° sec.
Ravenna Sant’Apollinare Nuovo, mosaico teodoticiano, inizio 6° sec.
Le immagini della Vergine con il bambino riconosciute nelle catacombe sono con grande probabilità memorie di madri con i loro figli o immagini allegoriche della Sapienza. Anche la figura della sposa nell’arco trionfale della basilica di Santa Maria Maggiore (metà v secolo), interpretata come la Vergine Maria, va letta più propriamente come allegoria del trionfo della chiesa delle genti.

Tra le raffigurazioni più antiche nelle quali Maria è caratterizzata come Madre di Dio vi sono il mosaico di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna (inizio vi secolo) e l’affresco nelle catacombe di Commodilla (530 ca.). La vergine in trono, scortata da santi o da angeli, è avvolta in un mantello scuro che la copre completamente, lo stesso che nell’arte contemporanea caratterizzava le vedove, e occupa il centro dell’immagine. La composizione è molto simile a quella di un’icona di Santa Caterina del Sinai di poco posteriore (fine VI-inizi VII secolo). Anche qui la presenza di santi e di angeli suggerisce l’esistenza di una “struttura gerarchica nel processo dell’intercessione”: sebbene il culto devozionale si indirizzi verso la Madre di Dio e il Figlio, esso è mediato dalla presenza di santi locali che fungono da avvocati (cf.Ch. Barber).

Santa Caterina del Sinai, Madre di Dio con Bambino, san Teodoro Statelate e san Giorgio, angeli: fine 6°-inizio 7° sec.
Santa Caterina del Sinai, Madre di Dio con Bambino, san Teodoro Statelate e san Giorgio, angeli: fine 6°-inizio 7° sec.
Il culto di Maria è sicuramente antico e precede la proclamazione quale Madre di Dio del concilio di Efeso (431). Ma, similmente a quanto avvenuto per il volto di Cristo, la cui immagine è rimasta incerta prima di fissarsi con i tratti e l’acconciatura di una tipologia semitica del v secolo, così è avvenuto anche per Maria. Inoltre, quando le sue immagini si moltiplicano, veicolano anche la figura ideale della donna credente, diffusa dagli scritti patristici: semplice, obbediente, casta – riflesso spesso della visione che i padri avevano della donna, della sessualità e del matrimonio (cf. A. Cameron).

Ma cosa dice tutto ciò a chi, come chi scrive, cerca di fare il mestiere dell’iconografo?

Leggendo il dettato dei manuali iconografici si potrebbe pensare: nel ricordo del colore del grano, dell’olio, delle ciglia grandi e scure del volto di Maria c’è forse un legame con la terra e con un popolo e cultura, e questo è un dato prezioso. So che l’iconografia è stata veicolo dell’antisemitismo che ha afflitto la chiesa, ma credo anche che la fissità delle rappresentazioni di Cristo e di Maria ha preservato dal fare dei loro volti solo delle proiezione dell’interpretazione e della sensibilità di ciascun pittore. La possibilità dell’icona di Cristo è legata all’Incarnazione, insegna il VII concilio ecumenico.

Santa Caterina del Sinai, Blachernitissa particolare di un’icona del 13° sec
Santa Caterina del Sinai, Blachernitissa particolare di un’icona del 13° sec

Per i Padri del concilio, l’icona di Cristo e della Madre di Dio, specialmente quand’ella è rappresentata con il Bambino, erano essenzialmente una testimonianza del Cristo fattosi uomo. Esiste anche un altro significato attinente a questo carattere inseparabile delle icone di Cristo e della Madre di Dio: come indica L. Ouspenski, l’icona di Cristo è l’immagine di Dio che si è fatto uomo, mentre l’icona della Madre di Dio è l’immagine perfetta dell’uomo deificato in cui riconosciamo la nostra salvezza (Moine Grégoire Krug).

Questo testo di un grande iconografo del secolo scorso sottolinea come l’icona non sia semplicemente una memoria del passato, ma sia anche rivelazione di ciò che attendiamo. Un iconografo dovrebbe poter percepire in ogni volto e trasmettere i tratti della trasfigurazione cui siamo chiamati. Il volto di Maria, Madre di Dio, porta la promessa che ogni persona umana è chiamata alla bellezza della libertà (i padri insistono costantemente sul sì libero di Maria, sulla sua obbedienza a essere trasformata dalla grazia), che ogni persona umana ricapitola in sé la terra e la storia, che la carne di ogni essere umano ha una sua bontà e bellezza perché tempio di Dio e dello Spirito. Inoltre il volto di Maria è l’assicurazione che il nostro dolore e le nostre lacrime non sono vuoti.

Grecia, Serres, Monastero di San Giovanni il Precursore Deposizione dalla croce, icona del 14° sec.
Grecia, Serres, Monastero di San Giovanni il Precursore Deposizione dalla croce, icona del 14° sec.
Nella tradizione bizantina, contemporaneamente al diffondersi delle immagini di Maria, si afferma una tradizione innografica legata al dolore di Maria nell’ora della croce. Anche la Vita di Maria attribuita a Massimo il Confessore si sofferma sul pianto della Vergine e si inserisce in quella tradizione che, dopo l’iconoclasmo, porterà all’espressione liturgica (liturgie della Settimana Santa) e alla rappresentazione visiva del dolore nell’arte cristiana. Il volto di Maria diventa specchio della sofferenza umana e si rifletterà sul volto di Cristo in croce: volto con gli occhi chiusi che significano la morte, volto nella pace perché Cristo sulla croce è vincitore della morte, unisce la terra al cielo e allarga le braccia per raggiungere tutta l’umanità. L’espressione della tenerezza nell’iconografia è legata all’accoglimento del dolore e anche questo avviene attraverso l’immagine di Maria: l’icona bizantina conosciuta come Vergine di Vladimir è un’icona portativa doppia, che nel retro porta l’immagine della croce e che probabilmente era usata all’inizio della Settimana Santa.All’abbraccio del Figlio all’umanità corrisponderà, alla fine della stessa settimana, l’abbraccio della Madre al Figlio morto, accompagnato dalle parole dell’antifona in cui Cristo rassicura: “Non piangere Madre mia, risorgerò e sarò glorificato e innalzerò nella gloria coloro che con fede e amore magnificano te” o, forse: coloro che sanno unirsi al tuo canto che confessa la grandezza e la potenza di Dio.


Indicazioni bibliografiche

Fotis Kontolou, Exfrasis I, p. 403.
Dionisio da Furnà, Ermineia, § 542.
Epifanio monaco di Costantinopoli, la cui opera viene ora datata all’inizio dell’xi sec. (1015), cf. PG 120,193.
Niceforo Callisto Xanthopoulos, Storia Ecclesiastica, PG 146, p. 816.
Ch. Barber, Early Representations of the Mother of God, in Mother of God. Representations of the Virgin in Byzantine Art, a cura di M.Vassilaki , Skira 2000.
Cf. A. Cameron, The Early Cult of the Virgin, in Mother of God. Representations of the Virgin in Byzantine Art, a cura di M.Vassilaki , Skira 2000.
Moine Grégoire Krug, Carnets d’un peintre d’icônes, Losanna 1983, p. 49.
Images of the Mother of God. Perceptions of the Theotokos in Byzantium, a cura diM.Vassilaki,Routledge2005.
Parbly, What Can Art Tell Us about the Cult of the Virgin Mary in the Early Roman Catholic Church? Re-evaluation of the Evidence for Marian Images in Late Antiquity, Roehampton University 2010.

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