Diventare fratello

c34234f41dc2aa45377d87256a8ccf27.jpg

Troppo facilmente si dimentica che la vita di Charles de Foucauld è stata, come quella di ogni uomo, un lungo divenire, un’evoluzione. Quando egli si presenta come “il fratello universale”, arrivando a Beni Abbès, è un ideale notevole quello a cui ambisce, e l’unica motivazione che sa dare a una simile pretesa è la preghiera a cui invita fin dall’inizio i propri più stretti corrispondenti: “Pregate Dio perché io sia veramente il fratello di tutte le anime di questo paese”. Se nel resto dei suoi giorni non dirà più di voler diventare “fratello universale”, probabilmente è perché si è fatto più realista. Quando fin dal principio ci si proclama amici universali, ogni amore particolare appare come una restrizione posta all’amore universale. Ma per diventare fratello di tutti, bisogna cominciare a essere fratello di qualcuno: non è possibile amare tutti allo stesso modo. …

Con il trascorrere dei giorni, esperienza dopo esperienza, frère Charles ha imparato che cosa volesse dire “essere fratello”, e “fratello di ciascuno”. Essere fratello universale significa essere fratello di tutti, senza escludere nessuno. … A Beni Abbès sono persone in carne e ossa a bussare alla sua porta, e il “senza eccezione” assume ogni giorno un volto concreto e differente. L’amore universale si dà solo nel particolare, nell’amore per chi è qui davanti a me, e non nel darsi pensiero per chi è lontano, per chi non ho mai visto. Se non è facile diventare fratello, è ancora più difficile diventare fratello di tutti, senza escludere nessuno. Incorreremmo in un errore molto comune tra gli agiografi se volessimo far intendere che tutto questo sia avvenuto senza lotta e senza progresso. … Ad ogni modo, essere “fratello universale” non fu una scusa per non essere di nessuno, adducendo come pretesto di voler amare tutti …

La grazia, il carisma di Charles de Foucauld non è l’universalità. È anzitutto la fraternità, che è altresì amicizia: “amico e fratello universale”. Essere fratello universale significa anzitutto essere fratello, prima di spostare l’attenzione sull’universale. Dunque egli giunse a vivere la fraternità attraverso concreti rapporti di amicizia, come del resto aveva teorizzato così bene prescrivendo ai suoi eventuali compagni che divenissero “fratelli e amici universali”. Ed è nella prospettiva delle relazioni amicali che ... spiegherà come debba essere concretamente perseguita la fraternità tra gli uomini.

Essere fratello universale non significa essere fratello unicamente delle anime, come agli inizi frère Charles sembrerebbe credere, almeno a leggere in modo ingenuo il suo linguaggio. Ma non vuol dire neppure amare globalmente e in modo generico. … È opportuno ricordare a tal proposito un insegnamento che risale al tempo del suo soggiorno a Nazaret, e che probabilmente mise in pratica a Beni Abbès e a Tamanrasset:

Sforziamoci di avere un’infinita delicatezza nella nostra carità; non limitiamoci ai grandi servizi, ma coltiviamo quella tenera delicatezza capace di curare i dettagli e che sa riversare con gesti da nulla tanto balsamo nei cuori ... Allo stesso modo entriamo, anche con coloro che vivono accanto a noi, nei piccoli dettagli della loro salute, della loro consolazione, delle loro preghiere, dei loro bisogni: consoliamo, rechiamo sollievo con le attenzioni più minute; per coloro che Dio ci mette accanto sforziamoci di avere quelle tenere, delicate, piccole attenzioni che avrebbero tra di loro due fratelli pieni di delicatezza, e delle madri piene di tenerezza per i loro figli, al fine di consolare per quanto ci è possibile tutti coloro che ci attorniano ed essere per loro fonte e balsamo di consolazione, come lo fu sempre nostro Signore per tutti quelli che lo avvicinavano ... Quanta consolazione, quanta dolcezza seppe portare a tutti coloro che gli si avvicinavano; anche noi, per quanto ci è dato, dobbiamo sforzarci di somigliargli in questa come in altre cose, passando per le vie di questo mondo santificando, consolando, recando sollievo il più possibile agli uomini.

Bisognerebbe raccontare una serie di episodi della sua vita a Tamanrasset per illustrare questa meditazione sul vangelo. E la sua corrispondenza è la costante dimostrazione di questa delicatezza piena di attenzione che si può dire sia veramente stata un suo dono peculiare.

(da Antoine Chatelard, Charles de Foucauld. Verso Tamanrasset, Qiqajon 2002, pp. 146-157)

Tags: cura delle relazioni, cura delle relazioni interreligiose