Il cristiano «compagno» degli uomini

Per «compagnia degli uomini» io voglio indicare quella situazione che vede il cristiano «compagno» degli uomini, cioè il cristiano che sta con gli uomini abitualmente, quotidianamente, ferialmente: sta con loro mangiando lo stesso pane, camminando con loro senza evasioni né esenzioni, comunicando con loro nel male e nel bene presenti nella storia. La compagnia degli uomini è vissuta quando la chiesa si sa nel mondo, i cristiani parte dell'umanità, il cristianesimo nella storia; dunque non «chiesa e mondo», non «cristiani e uomini», non «credenti e non credenti»! Dalla svolta costantiniana fino ai nostri giorni in verità questo statuto del cristiano e questa categoria della compagnia sono stati più volte contraddetti, e certo non si può dire che sul piano della storia ci sia stata conformità a questo atteggiamento di benevolenza, di pazienza, di makrothymía nei confronti dell'umanità, anzi, a volte, a causa del rifiuto della compagnia degli uomini, si è giunti addirittura a pensare e a formulare un Dio contro l'uomo, un Dio nemico e geloso dell'umanità nel suo divenire.

Ma di che cosa è fatta e di che cosa si nutre la compagnia degli uomini? Innanzitutto va detto che questa compagnia ha un fondamento creazionale e redentivo: ogni uomo è creatura di Dio, ogni popolo è stato voluto da Dio e in ogni uomo c'è l'immagine e la somiglianza con Dio che il peccato non può mai distruggere completamente. La volontà di Dio è «che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» ( 2 Tm 2,4): «la grazia di Dio che è apparsa è infatti apportatrice di salvezza per tutti gli uomini» (Tt 2,1 I). Proprio per questo la chiesa è essenzialmente relativa alla salvezza del mondo: essa è mandata tra le genti per annunciare la buona notizia, anzi in questa missione universale sta l'essere stesso della chiesa. Come il Figlio venuto nel mondo facendosi uomo ha scelto la compagnia degli uomini fino a sedersi alla tavola dei peccatori, così la chiesa deve stare in questa compagnia, perché la sua fede, la sua adesione al Signore e alla Parola che dal Signore essa riceve non la toglie dal mondo, ma esige che essa viva nella compagnia degli uomini senza essere del mondo.

E. Bianchi, Cristiani nella società, Rizzoli, Milano 2003