Conoscere se stessi
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La lettera a Tito esorta i giovani alla ponderazione (Tt 2,6), cioè capacità di riflettere, di pensare per acquisire sapienza e discernimento. Sì, pensare, prestare attenzione ai moti del proprio cuore pensieri che più invadono la propria mente, rileggere alla sera propria giornata, non è facile. C'è una sorta di istintivo rigetto ripulsa nei confronti della vigilanza su di sé, del guardare in faccia se stessi e ciò che abita il proprio cuore, che è paragonabile al rifiuto veemente che il corpo oppone alla fatica e alla sofferenza. Eppure non si pensa e non si riflette, si finirà con il lasciarsi vivere in balìadella superficialità e del conformismo, realtà queste che dischiudono un futuro segnato dal rischio della frustrazione, dell'insoddisfazione, dell'intontimento.
La vita cristiana dev'essere anche una vita umanamente seria: Cristo è colui «che ci insegna... vivere» (Tt 2,12) e a «vivere con sobrietà, rinnegando... i desideri mondani» (Tt 2,12). Proprio per c sto è vitale per il giovane immettersi in questo itinerario di «reversio in se» (espressione che in Lc 15,17 indica, nel latino della Vulgata l'atteggiamento del figlio minore che, andatosene da casa ep oi ridotto in miseria, guarda in faccia alla propria situazione e decide di ritornare al padre). È il cammino che richiede di sapersi vedere realmente, accettando di scoprire in sé debolezze e limiti, fragilità e deficienze. Questa scoperta della feribilità e della negatività che segna la propria sfera intellettuale e morale, affettiva e sessuale conduce alla messa in crisi di quell'«io» ideale che fin dall'adolescenza ci si costruisce o si eredita dalle aspettative dei genitori e su cui si proiettano i propri desideri di riuscita umana e spirituale, di realizzazione di sè. Un «io» che però, essendo posticcio, immaginario, è puramente idolatrico, dotato dell'inconsistente vuotezza e della potenza di seduzione tipiche dell'idolo. E che deve essere abbattuto affinché il giovane possa conoscere la propria creaturalità, aderire al proprio «io» reale, accettare di essere quella persona particolare, con certi doni e limiti, che il Signore ha amato e chiamato. L'invito che dunque rivolgo ai giovani è: pensate! Prendetevi del tempo per riflettere su di voi, sulle vostre relazioni con gli altri, su ciò che fate. E sappiate illuminare questo discernimento con la luce dell'Evangelo fino a saper riconoscere la voce del Signore che vi chiama attraverso gli eventi e gli incontri della vostra vita. Fino a scoprire la presenza del Signore in voi stessi (cfr. 2Cor 13,5). Pensate, imparate a pensare, ma non riducete la via cristiana a un momento narcisistico di introspezione psicologica o di miglioramento di qualche aspetto del vostro carattere. Diffidate di quei «maestri spirituali» che riducono il cristianesimo a via psicologica che ha come centro e fine non il Cristo risorto, non il Signore vivente, ma l'«io» stesso dell'uomo e la sua pacificazione. Così il cristianesimo si riduce a paganissimo mito di redenzione, perdendo la vivezza, il fascino e il rischio dell'incontro personalissimo con Gesù, il Signore (cfr. Gv 21,7), e da fede che apre all'Altro e agli altri si muta in complicata tecnica di meditazione centrata sull'«io» del soggetto e finalizzata ad esso. Diffidate di quei manuali per introdursi alla vita interiore o per imparare a pregare o per ascoltare il silenzio, che stabiliscono tabelle e test, predispongono itinerari che, secondo la logica della più trita pubblicità, sortiranno gli effetti sperati in capo ai giorni programmati. Ovviamente, se si saranno seguite attentamente le istruzioni per l'uso! Confidate piuttosto nello Spirito santo che vi è stato infuso e che non discrimina in base all'età, anzi, spesso fa del più giovane la sua dimora prediletta. E ascoltate la parola di un padre spirituale sapiente e discreto: la vostra forza e il vostro entusiasmo di giovani si arricchiranno così dell'esperienza di chi ha già affrontato «le passioni giovanili» (2Tm 2,22) e imparato l'arte della lotta (cfr. Sal 18,35; 144,1). La vostra forza si arricchirà così di sapienza, ascoltando il più anziano che nella sapienza ha la propria forza (cfr. Pr 20,29).
Enzo Bianchi