Gesù e i malati

Domenica 12 Maggio 2019

Enzo Bianchi
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Domenica 12 maggio si è svolto il primo di due incontri con il fondatore fr. Enzo Bianchi, sul tema degli incontri di Gesù con i malati. Fr. Enzo ha esordito ricordando che se la fede cristiana è la fede in Gesù Cristo quale unica via verso Dio e sua unica immagine, l’incontro con il Vangelo è per il cristiano l’occasione per discernere cosa Gesù possa ispirare al quotidiano delle nostre vite, costrette a confrontarsi con l’enigma del male e della morte, realtà spesso eluse dalla società contemporanea ma pur sempre presenti: la Parola di Dio può così rivelarsi per ogni credente “rettissima norma di vita umana” (Regola di Benedetto, 73). La Bibbia, e specialmente il Vangelo, ci trasmettono l’immagine e la concezione di un Dio che è amore e che interviene nella storia dell’umanità per salvarla proprio attraverso l’amore, di un Dio che si da pensiero delle sofferenze degli uomini (cf. Es 2,23-25).

Ciò è ancor più evidente negli incontri di Gesù, “medico delle anime e dei corpi” (Ignazio di Antiochia, Lettera agli Efesini 7.2 ; cf. anche Sacrosanctum Concilium, 5), incontri che si possono riassumere nella profezia di Isaia citata dall’evangelista Matteo quale commento a una giornata di Gesù: “Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17b ; cf Is 53,4). Senza affrontare nel dettaglio ciascuno degli episodi evangelici, fr. Enzo ha cercato di trarre dall’esempio di Gesù, “l’uomo per gli altri” (D. Bonhoeffer, Resistenza e resa) che “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10,38), delle lezioni valide per ogni uomo: la capacità non solo di lasciarsi avvicinare, ma anche di avvicinarsi a chi soffre; la predisposizione all’ascolto, precedente la stessa attività taumaturgica di Gesù, che permette di discernere in ogni malato e sofferente una persona, e non solo un caso clinico; un’autentica com-passione, che sappia prendere su di sé la sofferenza altrui sino a sentirla nella propria carne, anziché tenere a distanza il malato con una commiserazione pelosa; e infine, la capacità di rendersi prossimi fino al contatto fisico, spesso unica forma di comunicazione possibile. Perché, ha ricordato fr. Enzo chiudendo l’incontro, Gesù è lo stesso che un giorno ci dirà “ero malato e mi avete curato” (Mt 25,36).

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