Lettera agli amici - Avvento 2017

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Cari amici, ospiti e voi che ci seguite da lontano,
come Lettera agli amici, proponiamo una meditazione di fr. André Louf (1929-2010), abate del monastero trappista di Mont-des-cats, grande amico della nostra comunità. Sono pensieri scritti su foglietti, il suo “journal”, il suo diario. Pensieri sul pentimento e sulla conversione cui il Signore veniente ci chiama.

Un tempo provavo una certa irritazione davanti ad alcuni testi di Isacco il Siro spesso citati, prima di percepirne, alla luce dell’esperienza, la profondità evangelica: “Beato l’uomo che conosce la debolezza”; o ancora: “Chi conosce i propri peccati è più grande di chi resuscita i morti!”; oppure: “Chi è capace di vedere se stesso così com’è, è più grande di colui al quale è stato dato di vedere gli angeli”…

Isacco è inesauribile sull’argomento, non arretrando davanti ad alcun paradosso. Un altro suo testo rincara la dose: “Chi è capace di vero pentimento è un martire vivente … Le lacrime sono più decisive del sangue e il pentimento più decisivo del martirio”. Il paradosso di questi aforismi vuole sottolineare il carattere evangelico della grazia del pentimento. Il pentimento, infatti, non è comparabile con altri valori, con altre esperienze spirituali presenti in altre tradizioni religiose. Il pentimento può crescere solo nel solco del vangelo. È infatti frutto dello Spirito santo, ed è uno degli indizi più autentici dell’azione dello Spirito santo in una persona.
Forse è anche il luogo in cui Dio si rivela all’uomo, perché nessuno potrebbe riconoscere il suo peccato senza riconoscere al tempo stesso Dio. Non prima e non dopo, ma nello stesso istante, in una stessa intuizione spirituale, una persona riconosce il peccato e fa esperienza del Dio misericordioso.

Per l’uomo il peccato è solo trasgressione di una legge, di un precetto, può anche tormentare la sua coscienza e produrre rimorso, ma solo nel pentimento c’è un incontro privilegiato con Dio. Colui che ha peccato, nel momento stesso in cui presenta a Dio il suo peccato e Dio lo perdona, contro ogni aspettativa incontra Dio. Forse non esiste altra strada per incontrare Dio qui sulla terra al di fuori di quella del pentimento. Prima dell’esperienza del pentimento, Dio è solo una parola, un presentimento, un desiderio, ma non è ancora il Dio vivente, il Dio cristiano che si rivela in un eccesso di amore e di tenerezza. Sì, nel pentimento si scopre l’abisso della propria debolezza e l’abisso della misericordia di Dio.

Solo in questa conoscenza del male commesso e della misericordia mai meritata di Dio si può produrre il cambiamento, la conversione: perché allora il credente si spoglia di tutte le sue pretese di giustizia, si spoglia delle sue ambizioni di santità, si abbandona e si sottomette a Dio. Allora si accorge che la fiamma della collera di Dio, temuta per un istante, in realtà altro non era che la fiamma della tenerezza, l’amore fiamma del Signore!
Finché non è avvenuto un tale incontro, il cammino spirituale e lo sforzo di procedere restano ambigui e rischiosi: il credente fervente è minacciato dagli scrupoli, il credente fedele può diventare un osservante fariseo, il credente che ama la libertà rischia di perdersi in un comportamento libertario.

Ma nell’incontro con la misericordia di Dio, il cuore di pietra viene frantumato, diventa “cor contritum”, un cuore a pezzi che Dio ricrea in un cuore di carne capace di amare.
Ecco perché, come il pubblicano in fondo al tempio, il cristiano si trova in fondo alla chiesa ma sempre nel cuore della Chiesa e dice: “Signore, abbi pietà di me peccatore!”. Non dice altro, perché solo della misericordia di Dio ha bisogno!

Bose, 3 dicembre 2017
I Domenica di Avvento  

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