Monaci testimoni di unità

L'Ossevatore Romano, 3 novembre 2015

È stato incentrato sulla figura del monaco l'intervento del patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, tenuto durante la visita compiuta nei giorni scorsi alla fraternità della comunità di Bose presente nella pieve di Cellole

 

Margherita Pavesi, Monaci
Margherita Pavesi Mazzoni, Monaci (particolare dell'opera "La vita comune")

L'Osservatore Romano, 3 novembre 2015

Il patriarca Bartolomeo in visita alla comunità di Bose

«Ancora di salvezza, la Chiesa non vacillerà mai, è salda sulle basi del suo fondatore, poggia sull'annuncio evangelico, è vivificata dallo Spirito, è nutrita dal corpo e sangue del Signore e Dio nostro Gesù Cristo. E il monachesimo non è un corpo estraneo alla Chiesa, in essa è radicato fin dai primi secoli, come estrema fedeltà al Vangelo e come attenzione ai deboli,ai piccoli». È stato incentrato sulla figura del monaco l'intervento del patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, tenuto durante la visita compiuta nei giorni scorsi alla fraternità della comunità di Bose presente nella pieve di Cellole, vicino a San Gimignano (Siena). Una visita a pochi giorni dal conferimento al patriarca ecumenico del dottorato honoris causa presso l'istituto universitario «Sophia» di Loppiano (Firenze). Il monaco — ha detto Bartolomeo — «interiorizza in sé la trasfigurazione del Signore e, come ogni battezzato, è testimone dell'amore di Dio per la sua creatura. Vivendo questo grande amore, il monaco ancora prega per la propria salvezza, per i fratelli, per il creato, prega che la vera comunione tra i figli diDio sia anche forte relazione conDio, comunione di santi di tutti i tempi, prega come Teo-Logos, in quanto nel Logos di Dio conosciamo il Padre». Il monaco pertanto «è colui che, essendo a così stretto contatto con Dio,non può comprendere le separazioni degli uomini, ma può essere testimone fidato per l'unione di tutti». E in questo «è misericordioso e perdona, secondo l'insegnamento del nostro Maestro ». Parlando della pieve di Cellole, il primate ortodosso l'ha definita «un tempio del Signore pieno di storia, di cultura, di arte, ma soprattutto intriso della preghiera di tanti uomini e donne che prima di noi si sono abbandonati nelle braccia del Signore, con fede e fiducia». E ha concluso il suo discorso affidando a Maria «i tanti, troppi, nostri fratelli nella fede e ogni uomo che soffre per le ingiustizie e le persecuzioni in Medio oriente, in Africa, e in tante parti del mondo, ma anche per icristiani non più ascoltati nei Paesi cosiddetti liberi». Bartolomeo, che era accompagnato fra glialtri da Gennadios, metropolita greco-ortodosso d'Italia e Malta, è stato accolto da sei presuli della Toscana (fra essi il vescovo di Volterra, Alberto Silvani,e l'arcivescovo di Siena -Colle Val d'Elsa, Antonio Buoncristani) e dal priore di Bose, EnzoBianchi, che ha rivolto all'ar-civescovo di Costantinopoli un caloroso saluto nel quale ha sottolineato il grande interesse che la comunità rivolge a tutte le attività del patriarca, in particolare al suo impegno per il dialogo ecumenico con la Chiesa cattolica.

26 ottobre 2015, Visita del Patriarca Bartholomeos alla Pieve di Cellole

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