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La rottura finale tra la Chiesa e i lefebvriani
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di ENZO BIANCHI
Nei giorni scorsi, quasi in silenzio e senza che i media ne dessero notizia, si è consumata la rottura definitiva tra chiesa cattolica e i seguaci di Marcel Lefebvre
La Repubblica, 8 luglio 2013
di ENZO BIANCHI
Nei giorni scorsi, quasi in silenzio e senza che i media ne dessero notizia, si è consumata la rottura definitiva tra chiesa cattolica e i seguaci di Marcel Lefebvre: un evento in verità molto importante e significativo per la chiesa. Monsignor Lefebvre, dopo anni di polemica e critica al Concilio Vaticano II, in particolare ad alcuni suoi testi nonché alla conseguente riforma liturgica, trovò comprensione in Paolo VI che nel 1970 approvò la Fraternità sacerdotale di san Pio X sulla quale il cardinale Gagnon diede un giudizio elogiativo, soprattutto in merito alla formazione di nuovi preti che apparivano fin d'allora numerosi. Purtroppo il 30 giugno 1988 accadde ciò che per la chiesa cattolica inaugurava una situazione scismatica: monsignor Lefebvre insieme a un altro vescovo, De Castro Mayer, consacrarono quattro nuovi vescovi, scelti da loro tra il clero della Fraternità san Pio X, senza il mandato del papa. Questo comportò la scomunica da parte di Giovanni Paolo II e l'inizio doloroso della presenza di una piccolissima porzione di chiesa che si dice cattolica, fedele alla tradizione ma non più in comunione con il papa che è "principio visibile dell'unità cattolica".
Non è la prima volta che una tale situazione scismatica si presenta nella chiesa, soprattutto a seguito di un concilio ecumenico, ma questa decisione fu sentita e sofferta molto da Roma perché proprio chi professava la sua obbedienza fedele e radicale al papa, di fatto non solo rompeva il vincolo di comunione, ma si poneva come un magistero di opposizione e di critica al magistero papale. Abbiamo tutti memoria viva degli attacchi sferrati in questi anni al Concilio ma anche a Paolo VI, soprattutto per la riforma liturgica, poi a Giovanni Paolo II per le sue dichiarazioni di dialogo in particolare con gli ebrei. Neanche a Benedetto XVI furono risparmiati puntuali e sibillini attacchi alle radici della sua teologia.
Ciò nonostante, Benedetto XVI ha scelto come interlocutore della chiesa cattolica il tradizionalismo, pecora perduta e uscita dall'ovile, e ha cercato in molti modi una riconciliazione che permettesse a questi "scismatici" di rientrare nella comunione cattolica. Nella sua generosità, non molto condivisa dalla maggioranza dei vescovi cattolici, Benedetto XVI giunse a fare concessioni straordinarie: tolse la scomunica ai quattro vescovi "illegittimi", liberalizzò totalmente per tutta la chiesa il rito della messa del 1962, vigente prima della riforma conciliare e sovente nel suo magistero puntualizzò alcune posizioni del Vaticano II in senso restrittivo, in modo da andare incontro ai seguaci di Lefebvre e ad altri tradizionalisti presenti nella chiesa cattolica.