Un seminario a Bose con Jürgen Moltmann

dal 25 al 28 ottobre 2017

Si è concluso il 28 ottobre 2017, a Bose il Convegno internazionale organizzato in collaborazione tra il monastero di Bose e l’Istituto biblico-teologico Sant’Andrea di Mosca nella persona del professor Alexei Bodrov. In occasione del cinquecentesimo anniversario della Riforma, il convegno di quest’anno è stato dedicato al tema della Riforma in una prospettiva ecumenica. Giunto alla sua decima edizione, il convegno non ha tradito il suo stile seminariale: per tre giorni una ventina di teologici di diversi paesi e confessioni cristiane hanno dialogato e pregato insieme, facendo proseguire l’incontro ben al di là delle sessioni previste.

Jürgen Moltmann
Jürgen Moltmann
Invitato d’eccezione è stato l’illustre teologo riformato Jürgen Moltmann (Tubinga). Egli ha dato il via ai lavori con un’articolata riflessione sulla “Riforma incompiuta”. “La riforma del XVI secolo si proponeva di essere una riforma dell’unica chiesa – ha dichiarato il teologo - per questo la Riforma è imperfetta e incompiuta finché durerà la separazione tra le chiese riformate e la chiesa cattolica”. In quest’ottica ha considerato i punti cardine della Riforma storica, ne ha messo in evidenza tanto la carica evangelica quanto i limiti e ha suggerito come ripartire proprio da questi per una riforma presente inserita nel nuovo contesto ecumenico. Lutero ha affermato che per il battesimo ogni credente è sacerdote e addirittura papa. Questo è vero, ha dichiarato Moltmann, si può parlare di un “papato universale”, ma storicamente i protestanti non hanno fatto proprio il “servizio all’unità” proprio del vescovo di Roma, che “dono e compito di ogni fedele”. I riformatori hanno poi sviluppato il tema della giustificazione per grazia, ma non hanno approfondito quella “cristologia della solidarietà consolante, che è l’altra faccia della cristologia della riconciliazione dei peccatori”, hanno dimenticato di affermare che insieme al perdono gratuito per i colpevoli, il Crocifisso, “Gesù porta Dio stesso alle vittime”.

Ancora, i riformatori hanno riflettuto sull’eucaristia, come cena del Signore, banchetto in cui i singoli invitati divengono comunità, eppure cattolici e protestanti hanno finito per scomunicarsi a vicenda. Ma “come posso scomunicare qualcuno che Cristo stesso ha invitato alla sua tavola?” interroga provocatoriamente il teologo, e invita a partecipare insieme all’unico pane e all’unico calice prima di continuare le discussioni teologiche, a fare insieme esperienza del mistero di Cristo prima di cercare di capirlo. Infine, Moltmann ha affermato che “credere non è solo, come dissero i riformatori, ‘sola grazia, sola fede’, ma anche rinascere a una viva speranza attraverso la resurrezione di Cristo” e ha invitato così a una “riforma della speranza” in cui le chiese non si identifichino con il Regno, né lo riconoscano nei poteri del mondo, ma insieme tra loro e con il popolo della prima alleanza sperino e attendano la venuta di Cristo.

I partecipanti al convegno
I partecipanti al convegno
Il convegno si è poi sviluppato come il delta di un fiume, dove i diversi corsi d’acqua si dividono, si incrociano, si riseparano per poi confluire insieme al mare. Alcuni interventi hanno presentato figure protestanti che hanno già dato forma alle provocazioni lanciate da Moltmann. Simonetta Salvestroni (Cagliari) per esempio ha presentato Barth, Bonhoeffer e la Chiesa confessante nel loro drammatico tentativo di smarcarsi dal regime nazista; Elena Stepanova (Mosca) ha presentato John Wesley come iniziatore del metodismo in quanto punto di incontro tra anglicanesimo, cattolicesimo e ortodossia prima che come confessione cristiana indipendente.

Matthias Wirz (Bose) ha presentato la Riforma del XVI secolo come espressione di un “continuo principio critico nella Chiesa”. Su questa scia, Davor Džalto (Belgrado) si è interrogato sulla necessità di una “Riforma ortodossa”. Sergeij Chapnin (Mosca) gli ha fatto eco presentando il “revival” della Chiesa russa come un’ “opportunità fallita di riforma”, mentre Tim Noble (Praga), Kristian von Späth (Copenaghen) e Svetlana Konacheva (Mosca) hanno riacceso la speranza illustrando in chiave più interconfessionale tre diversi contesti che nella loro criticità favoriscono la riforma della chiesa: la missione, la spiritualità post-moderna e l’era post-cristiana. Infine, un ultimo filone di ricerca è stato quello della riforma come necessaria per il dialogo ecumenico. Tamara Grdzelidze (Tbilisi) ha presentato l’esperienza storica del dialogo tra chiese ortodosse ed evangeliche nel quadro offerto dal Consiglio ecumenico delle chiese; Adalbero Mainardi (Bose) e Frederick Lauritzen (Venezia) hanno approfondito il tema specifico del dialogo sulla questione del primato; Alvin Rapien (Texas), Ivana Noble (Praga) e Boris Knorre (Mosca) hanno riflettuto piuttosto sulla necessità di “riformare” il proprio punto di vista e persino la propria idea di unità per poter realmente dialogare con l’altro.