A piccoli passi verso la barbarie

Non si dimentichi che le parole quando si caricano di odio diventano armi, che le accuse reciproche senza più limiti né rispetto spingono alla negazione e alla distruzione dell’avversario, che il continuare ossessivamente a indicare nell’avversario il Male genera a poco a poco una violenza che può arrivare ad assumere persino le forme del terrorismo più o meno elaborato ideologicamente.

Saremo capaci di un soprassalto di dignità umana e di etica democratica? Sapremo riscattare il senso alto della politica, oggi pesantemente affetta da una malattia autoimmune di svilimento? Non si tratta tanto di auspicare una tregua verbale posticcia, di aggiustare i toni di un confronto che da tempo ha cessato di essere tale ma, ben più in profondità, di favorire il passaggio dall’individuo al soggetto politico, innescando una logica non solo di diritti ma anche di doveri verso gli altri e con gli altri. Ritrovare la propria qualità di cittadini significa sentirsi attori di una storia collettiva, capaci di immaginare se stessi assieme agli altri, tesi a riscoprire valori comuni e principi etici condivisi attraverso i quali edificare la polis, rifiutando che sia la forza a prevalere. Certo, questo richiede volontà, assunzione della responsabilità comunitaria, senso dello Stato e capacità di elaborare, mantenere e alimentare un quadro sociale e istituzionale che garantisca a tutti la libertà nella giustizia. Ma è l’unico percorso per uscire dalla barbarie e rientrare nella civiltà.

Enzo Bianchi

Pubblicato su: La Stampa