Il Monte Athos, cuore spirituale dell’Ortodossia

 monastero di Simonos Petras - Penisola dell'Athos
monastero di Simonos Petras - Penisola dell'Athos

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Il Monte Athos è una montagna e una penisola in Macedonia, nella Grecia settentrionale, chiamata in greco Ἅγιον Ὄρος (“Santa Montagna”). La penisola, la più orientale delle tre “dita” della Calcidica, si sporge nel Mar Egeo per circa 60 km, con una larghezza tra i 7 e i 12 km, e copre un'area di circa 390 km²; la montagna dell’Athos propriamente detta culmina a sud in una vetta di 2.033 m. L’Athos costituisce un’unità amministrativa autonoma sotto la sovranità dello stato greco. Vi si accede, solo dal mare, grazie a un permesso di soggiorno, il diamonitirion, attualmente rilasciato dall’ufficio-Pellegrini a Salonicco (c’è un numero fisso ogni giorno per gli ortodossi e uno per i non-ortodossi; e secondo un’antica tradizione risalente all’epoca bizantina non è consentito l’accesso alle donne).

L’Athos può essere considerato l’autentico cuore spirituale non solo del monachesimo ortodosso ma dell’intera ortodossia; è la sede di 20 grandi monasteri, dai quali dipendono molte altre realtà monastiche di dimensioni più ridotte (skiti, celle, cappelle..). Solo i monaci ortodossi sono autorizzati a stabilire una residenza permanente sull’Athos e l’attuale numero della popolazione monastica ammonta a circa 1.500 unità. Pur essendo collocato in Grecia, l’Athos è sotto al diretta giurisdizione del Patriarcato ecumenico e il Patriarca ecumenico è il capo spirituale della Santa Montagna.

Monastero Pantokratoros
Monastero Pantokratoros
La presenza monastica sull’Athos è documentata con sicurezza soltanto dagli inizi del IX secolo; per il periodo precedente esistono solo tradizioni leggendarie, come quella che narra di un viaggio della Vergine, che, giunta qui e affascinata dalla bellezza del luogo, avrebbe chiesto e ottenuto da suo Figlio di averlo come luogo a lei riservato e dedicato. Di qui deriva il nome con cui l’Athos viene tuttora designato: “Il giardino della Vergine” (To perivoli tis Panaghias). Fino alla metà del X secolo la forma di vita monastica più praticata sulla penisola fu quella eremitica o semi-eremitica: vi erano monaci solitari che si dedicavano all’ascesi, talora riunendosi attorno a un anziano spirituale. L’eremita athonita più celebre di questo periodo, sebbene si tratti una figura semi-leggendaria, è Pietro l’Athonita, che negli affreschi viene rappresentato nudo e ricoperto soltanto della sua lunga barba. La grande svolta però avviene con sant’Atanasio l’Athonita, che fonda il primo monastero cenobitico, ovvero la prima comunità di monaci, la Grande Lavra. Su di lui un fratello di Bose ha da poco pubblicato un libro, che contiene la più antica biografia a noi pervenuta, insieme a uno studio storico. Con Atanasio comincia il grande sviluppo monastico dell’Athos, la sua importanza internazionale (molti monaci di altre regioni dell’ecumene cristiana raggiunsero la penisola per stabilirvisi e per fondare un proprio monastero: georgiani, russi, serbi, latini, rumeni, moldavi, valacchi…). Fin dalle sue origini l’Athos ha così una vocazione “ecumenica” intesa in senso ampio (e non tecnico): i suoi orizzonti abbracciano l’insieme dei popoli dell’ecumene cristiana, anche se, dopo la divisione con la chiesa occidentale, i latini purtroppo non sono più presenti (la loro fondazione più celebre risale ai tempi di sant’Atanasio: il monastero di Santa Maria degli Amalfitani, uno dei più importanti dell’Athos, che è rimasto in funzione fino alla metà del XIII secolo, quindi ben oltre lo “scisma” ufficiale tra chiesa orientale e occidentale). La maggior parte dei monasteri sono stati fondati e costruiti tra il X e il XIII secolo.

Sull’Athos per secoli fino ad oggi è rimasta viva la tradizione spirituale, liturgica, artistica, letteraria, architettonica della chiesa bizantina nella sua purezza, anche durante gli anni più oscuri della dominazione turca. Sull’Athos sono iniziate le grandi rinascite spirituali che hanno vivificato l’ortodossia (la rinascita esicasta nel XIV secolo, quella liturgica e patristica dei kollivades nel XVIII-XIX sec…). E ancora sull’Athos di recente, a partire dalla metà degli anni ’70, lo stesso monachesimo ortodosso ha conosciuto una rifioritura straordinaria e senza precedenti, grazie ad alcune eccezionali figure di ghérontes, anziani spirituali (padre Paisios, padre Porfirios, Efrem di Katunakia…) e di grandi igumeni, come Emilianos di Simonopetra, Vassilios di Iviron, Gheorghios di Grigoriou, Efrem di Filotheou, che hanno richiamato attorno a sé tanti giovani, rinnovando completamente la popolazione e il panorama monastico athonita.

Ciascuno dei 20 monasteri – oggi perfettamente restaurati grazie ai fondi europei – ha una propria storia, piena di eventi e di figure spirituali, che meriterebbe di essere raccontata in dettaglio. Poiché però ciò non è possibile, ci accontenteremo di darne la lista seguendo la gerarchia canonica:

Grande Lavra (Μεγίστη Λαύρα, Megísti Lávra)

Vatopedi (Βατοπέδι o Βατοπαίδι)

Iviron (Ιβήρων; ივერთა მონასტერი, iverta monasteri) - costruito dai georgiani, ma ora abitato da greci

Hilandar (Χιλανδαρίου, Chilandariou; Хиландар) - serbo

Dionysiou (Διονυσίου, Dionusiou)

Koutloumousiou (Κουτλουμούσι, Koutloumousi)

Pantokrator (Παντοκράτορος, Pantokratoros)

Xiropotamou (Ξηροποτάμου)

Zografou (Ζωγράφου, Зограф) - bulgaro

Dochiariou (Δοχειαρίου)

Karakalou (Καρακάλλου)

Filotheou (Φιλοθέου)

Simonos Petra (Σίμωνος Πέτρα o Σιμωνόπετρα)

Aghiou Pavlou (Αγίου Παύλου, Agiou Pavlou)

Stavronikita (Σταυρονικήτα)

Xenophontos (Ξενοφώντος)

Osiou Grigoriou (Οσίου Γρηγορίου)

Esfigmenou (Εσφιγμένου)

San Panteleimone (Αγίου Παντελεήμονος, Agiou Panteleimonos; Пантелеймонов; o Ρωσικό, Rossikon) - russo

Konstamonitou (Κωνσταμονίτου)

Monastero Mylopotamos
Monastero Mylopotamos
Oggi l’Athos è tuttora un punto di riferimento autorevole per gli ortodossi dentro e fuori della Grecia e la voce degli Athoniti, nei rari pronunciamenti pubblici, è ascoltata e rispettata, e ha un peso particolare nel contesto dei dibattiti intra-ortodossi. Lo si è visto di recente nel periodo di preparazione del Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa (2016) come anche nel periodo successivo. Contro la volontà di coloro che volevano l’Athos schierato solo su posizioni ultra-ortodosse e nettamente contrarie al Concilio, in realtà i monasteri athoniti hanno dimostrato equilibrio, desiderio di dialogo e di continua fedeltà al Patriarca Ecumenico Bartholomeos.

Comunque al di là dei pronunciamenti e delle posizioni ufficiali, l’Athos conserva una grande varietà e un grande pluralismo al suo interno, ed è ciò che fa la sua ricchezza; il pellegrino cattolico, che nello spazio di pochi giorni passi di monastero in monastero, sulle prime può perfino restarne disorientato: da qualche parte può essere accolto a braccia aperte, mentre in altre può ricevere aspre e severe paternali, ma anche queste ultime – si sentirà ripetere – non gli verranno fatte per odio, ma “per amore” (gia agapi). Amore per l’uomo e amore per il Signore. A volte davanti a certe reazioni non si può non restare perplessi, ma in fondo è difficile mettere in dubbio la sincerità di fondo di tutto ciò che viene vissuto e professato. Da una prospettiva “occidentale” ed “ecumenica”, spesso si potrà non condividere un certo stile; tuttavia si sarà indotti a provarne rispetto.

Monastero StavronikitaL’impressione generale che si ricava visitando l’Athos è un po’ la stessa di quella che si ha leggendo le vite e i detti dei padri del deserto: una pluralità sconcertante, spesso contraddittoria, ma riconducibile all’unica fonte dello Spirito. Come diceva abba Poimen in un suo detto: “I santi assomigliano a un giardino di alberi che danno frutti differenti ma sono abbeverati da un’unica acqua. Altra infatti è l’opera di un santo, altra quella di un altro, ma un solo Spirito agisce in tutti loro” (Detti dei padri, Giovanni Nano S 3).

“È il mistero che rende l’Athos non solo una montagna, ma la Santa Montagna” – ha scritto padre Georghios Kapsanis, anziano igumeno di Grigoriou, da poco passato agli eterni riposi. “Il Mistero è accessibile a tutti, siano essi athoniti o no, coloro che lo vogliono. L’approccio, comunque, significa ascesa; ascesa richiede astrazione, e l’astrazione richiede coraggio. Il modo in cui è organizzata la vita sull’Athos, l’architettura, la pittura, la natura, le pietre dei selciati, le campane, le tavole di legno che risuonano giorno e notte, l’ospitalità e le preghiere: tutte sono espressione di questo Mistero…”.

Hagios MinaQuasi ogni anno da molto tempo un piccolo gruppo di monaci di Bose, per lo più novizi accompagnati da un fratello più anziano, visitano la Santa Montagna e attingono alle fonti del suo silenzio, della sua spiritualità, della sua preghiera incessante: Kyrie Iesou Christe eleison me (“Signore, Gesù Cristo, abbi pietà di noi”). Per dei pellegrini monaci, anche non ortodossi, l’Athos, come tanti altri luoghi cari al monachesimo d’oriente e d’occidente, è sempre una casa, una patria, ma allo stesso tempo una terra straniera che ricorda con più intensità la vera patria, quella celeste.

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