Ecumenismo tra teologia e politica negli Stati Uniti

0f6c1163f56b53c08897b775fc1ec7aa.jpg

Massimo Faggioli*
per Finestra ecumenica
*Professore al Dipartimento di teologia e studi religiosi Villanova University, Pennsylvania, U.S.A.

Il recente articolo pubblicato sulla rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica dal direttore, p. Antonio Spadaro SJ e dal teologo protestante argentino Marcelo Figueroa (dal giugno 2016 direttore dell’edizione argentina de L’Osservatore Romano) ha aperto un vivace e a tratti duro dibattito sul cattolicesimo negli Stati Uniti e su alcune caratteristiche dell’ecumenismo politico della destra conservatrice in quel paese. L’articolo definisce “ecumenismo dell’odio” quella cultura che negli Stati Uniti accomuna cristiani cattolici e protestanti, uniti da un’avversione verso la modernità politica, il cosmopolitismo, i musulmani, e il dialogo interreligioso.

La questione è centrale per comprendere il cristianesimo nordamericano e gli USA in generale. Da un punto di vista storico negli Stati Uniti l’ecumenismo nel senso di relativizzazione delle barriere confessionali precede l’ecumenismo teologico: nel paese-guida della modernità capitalistica occidentale nel dopoguerra, le barriere confessionali cadono, prima all’interno del mondo protestante fin dagli anni cinquanta: è il sorgere dell’evangelicalismo, quel cristianesimo nordamericano che non distingue teologicamente tra battisti, presbiteriani, episcopaliani, e – di recente – le “megachurches” e si concentra sullo sforzo di conversione del mondo (anche) come mezzo per la realizzazione di sé da parte di coloro che “rinascono” (born again) dopo aver accettato “Gesù nel cuore”. In questo senso, per il cristianesimo nordamericano la svolta teologica del concilio Vaticano II (1962-1965), con cui il cattolicesimo romano fa propria l’istanza di un cammino ecumenico tra le chiese, è una tappa intermedia, sia pur importante. L’ecumenismo conciliare si può infatti vedere come un intermezzo tra la prima tappa tra la fine della Seconda guerra mondiale e i primi anni sessanta, e la seconda tappa degli anni settanta: quella seconda fase che cementa l’ecumenismo civile cristiano negli USA è il passaggio tra fine anni sessanta (il trasversalismo culturale e teologico del movimento pacifista contro la guerra in Vietnam) e l’inizio degli anni settanta (con la sentenza della Corte Suprema federale del 1973 che depenalizza e liberalizza in modo radicale l’aborto).

In questo senso l’articolo di Civiltà Cattolica identifica correttamente la natura politica dell’ecumenismo in America, senza negare la presenza di uno spirito religioso e teologico importante. Infatti è sicuramente impossibile comprendere la questione ecumenica negli USA senza riferirsi a un elemento fondamentale della cultura politico-religiosa americana: quello che Robert Bellah in un fondamentale saggio pubblicato nel 1970 definiva la “civil religion” americana, ovvero la fede in un Dio “molto più collegato alle idee di ordine, legge, e rettitudine, che alla salvezza e all’amore”.

La “religione civile” americana è ancora oggi parte integrante del dibattito intra-ecclesiale e inter-ecclesiale americano, e quindi anche del particolare ecumenismo nell’America contemporanea. Da un lato prosegue l’ondata ecumenica seguita al trauma dei “sixties”, che fin dagli anni settanta e specialmente negli ultimi vent’anni ha prodotto un fenomeno rilevante di conversioni al cattolicesimo specialmente di intellettuali e politici, conversioni di natura culturale-politica più che teologica e spirituale. L’ecumenismo cristiano (e interreligioso) della Manhattan Declaration sulle questioni bioetiche (2009) è un discendente dell’ecumenismo politico anti-progressista (in senso sia politico che teologico) della rivista First Things, fondata nel 1990 dal convertito al cattolicesimo più influente dal dopoguerra, Richard John Neuhaus. Non si definisce “ecumenismo dell’odio”, ma è vicino alla definizione “ecumenismo della trincea” (definizione di Charles Colson, già uno degli “uomini del presidente” Nixon, passato attraverso una conversione religiosa in carcere): la trincea contro il secolarismo e il progressismo, ben diverso dall’“ecumenismo del sangue” dei cristiani perseguitati di cui ha parlato spesso papa Francesco.

Dall’altro lato, il carattere ecumenico del conservatorismo religioso americano è evidente nel dibattito attuale sulla “post-Christian America”, ovvero sulla sostenibilità della idea di nazione americana di fronte alla crescente secolarizzazione e disaffiliazione religiosa, specialmente delle giovani generazioni. Il recentissimo caso editoriale di The Benedict Option, fortunatissimo volume del blogger tradizionalista Rod Dreher, pur facendo appello alla chiesa nazionale più grande, quella cattolica (da cui Dreher proviene, prima di passare a una delle chiese ortodosse orientali in America), è un tipico prodotto dell’ecumenismo sociale e politico americano, che non si basa su coordinate di tipo teologico sistematico o di ecclesiologia, ma su considerazioni di morale pubblica e privata. Non è una coincidenza che negli Stati Uniti al fondamentalismo di matrice protestante abbia corrisposto, all’interno della chiesa cattolica, il sorgere e il rafforzarsi di consistenti gruppi tradizionalisti (tanto all’esterno della comunione con Roma, come i lefebvriani della SSPX, quanto ancora all’interno della comunione cattolica ma su posizioni estremiste): con questi gruppi la vera emergenza è di un “ecumenismo ad intra”, ovvero tra membri di una stessa chiesa che vivono in una situazione para-scismatica.

Il fenomeno fin qui brevemente descritto coinvolge il cristianesimo di “razza” bianca (il termine “razza”, race fa parte integrante del lessico statunitense ed è necessario a comprendere): cattolici, protestanti, e in misura minore alcune frange dell’ortodossia orientale in America. L’ecumenismo cristiano in America deve guardare anche ad altre componenti: quella afro-americana, quella asiatica, e specialmente quella latina-ispanica, che si avvia a diventare la maggioranza del cristianesimo statunitense prima della metà del secolo. Da questo punto di vista, le relazioni tra chiese diverse sono in molti casi più definite dalla sociologia che dalle diverse posizioni teologiche. La sfida del dialogo – per esempio – tra le chiese neo-protestanti asiatiche e africane in America è più culturale e sociologica che teologica. Lo stesso si può dire dello stato dei rapporti tra le chiese storiche e le nuove “mega-churches”, che raccolgono ogni domenica una buona parte della popolazione afroamericana e ispanica in America.

Va detto che l’ecumenismo in America non è solo un ecumenismo di tipo sociale o politico. In America l’ecumenismo ha da sempre – ante litteram - fatto parte della tradizione della collaborazione cristiana nel sociale: dal “social Gospel” di inizio novecento fino al movimento dei diritti civili degli anni cinquanta e sessanta, la religione in America è stata “movement religion” insofferente rispetto alle barriere confessionali. È stato anche un fenomeno intellettuale, grazie a un sistema di scuole e università appartenenti alle chiese che non ha paragoni. Uno dei laboratori di ecumenismo più interessante nell’America di oggi sono le scuole e università cattoliche, in cui i dipartimenti di teologia e di religione sono permeati di spirito ecumenico, di collaborazione interconfessionale tra docenti e studenti. In questo senso il futuro della vita di fede e dell’ecumenismo in America sarà deciso non solo dalle chiese istituzionali, ma anche dalle scuole e università.

La chiesa cattolica, che occupa ormai una posizione centrale all’interno del paesaggio delle chiese americane (avendo sostituito le chiese della tradizione protestante) mantiene relazioni e dialoghi bilaterali con tutte le chiese. Nel 2015, per esempio, la chiesa cattolica e quella ortodossa in America hanno festeggiato cinquanta anni di dialogo. Non è solo un dialogo ufficiale, ma fatto di vite di fede vissute talvolta nel passaggio tra una chiesa e l’altra (il cristiano americano medio cambia chiesa almeno una volta nella vita), talaltra in due chiese diverse allo stesso tempo (per esempio, nel caso dei matrimoni tra membri di due chiese diverse). Il catecumenato degli adulti in America porta al battesimo molti più membri di qualsiasi altra chiesa in occidente: tanto il fenomeno delle conversioni adulte al cattolicesimo quanto l’ecumenismo in America non possono quindi essere ridotto a puro movimento politico: vanno letti anche nel contesto di una società in cui la questione religiosa è ecumenicamente ancora rilevante nello spazio pubblico. Ma questo ecumenismo americano si trova oggi di fronte a nuove domande e nuove responsabilità, di fronte alla crisi morale e religiosa in cui si trovano gli Stati Uniti della presidenza Trump.