La nostra avventura al Monastero di Bose

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Dal 19 al 22 Ottobre, la comunità ha ospitato i ragazzi delle classi quinte delle sezioni A e B dell'Istituto di Istruzione superiore K. Lorenz di Mirano (Venezia) accompagnati da alcuni professori. Gli studenti hanno lavorato a rilevare e misurare alcune zone del monastero nell'ambito dell'area di progetto del loro piano formativo.

Riportiamo l'articolo scritto da alcuni di loro per il giornale scolastico che racconta la loro esperianza.

“Vi porto in monastero!”
Esordisce così il nostro prof.  Alberto Albertini  all’inizio dell’anno scolastico.
“Ci sarà campo?”, sorge spontanea la domanda.
“Ovvio”, risponde il prof. “avrete tutti i campi che volete da rilevare e misurare con gli strumenti”.
“…non era esattamente ciò che volevamo dire…”, ma questo non lo diciamo e ci limitiamo a pensarlo.
“Mi toccherà dire le preghiere…”
“Morirò di fame…” altri inquietanti dubbi si annidano nella nostra mente di ventenni proiettati verso la movida, quando sentiamo parlare di gita. Ma questa non è una gita: è la nostra Area di Progetto! La scritta azzurro cielo campeggia anche sulle magliette bianche che il prof. Alberto Albertini ha fatto preparare per l’occasione.

19 ottobre, ore 7 del mattino, suona la sveglia. E’ una giornata nebbiosa… presto! Presto! Il bus è già pronto davanti alla scuola I.I.S. 8 Marzo – K. Lorenz di Mirano (Ve).
“ Caricate! Caricate!” Urlano i prof. Sembra una battaglia: carica valigie! carica strumenti! carica “anime” ! (quelle dei 47 alunni della V A e della V B CAT – Geometri), carica il drone! Il drone! Guai a dimenticarsi del drone del prof. Salbe! Alla fine, si parte!
La strada è lunga…lunga…lunga…
Bisogna arrivare al Monastero di Bose, vicino Biella.

Quando giungiamo in questa oasi di pace e silenzio restiamo stupiti dalla bellezza dei luoghi! Noi….l’arrivo dei Barbari deve aver fatto la stessa impressione!
Spacchiamo il silenzio con le nostre urla: “Scarica, scarica… i pezzi, le cose, le anime, le camere dei prof. come sono?”
Ci viene incontro un fratello con un incedere lento e sicuro, con uno sguardo che è dolce e severo al tempo stesso. Non ha bisogno di dire altro se non “Buongiorno ragazzi, benvenuti” e quasi come una specie di miracolo cala il silenzio. Nessun prof. c’è mai riuscito.

Entriamo nella zona accoglienza: una stanza dove potremo parlare e svolgere i nostri lavori. Ci posizioniamo con computer, fogli, penne ecc. Tutto l’ambiente è curato nei particolari e sobrio al tempo stesso.
Marco ci racconta la storia del Monastero e ne restiamo già affascinati.

Il pranzo e la cene ci riservano delle altre sorprese. Ci accolgono a gruppi di dodici in singole stanze arredate con un tavolo, una cassapanca. Ci accomodiamo e sono con noi due monaci in ogni stanza. Ci spiegano che la “regola” prevede il silenzio. Silenzio? Ci accorgiamo che non conosciamo appieno il significato di questa parola e scopriamo con piacere che è una “cosa” che in fondo ci “fa stare bene”. I cibi profumati e saporiti  (derivati in gran parte dalle loro coltivazioni e dalle loro lavorazioni interne) ci vengono serviti in una ciotola che passa di mano in mano (bello! sembra un gioco di società) e dalla quale ciascuno prende la propria porzione (dice un proverbio “beati i ultimi se i primi gà creansa” – Leonardo la ciotola non è solo per te!). Il piatto per il secondo non c’è? Beh in effetti non serve: c’è un pane così buono, fatto da loro, apposta per la… “scarpetta”!
E poi via al lavoro! Fai i gruppi, assegna i lavori, prendi gli strumenti, vai sul “campo” e … guardati intorno, perché tutto qui ci colpisce nei sensi: “suoni,  profumi, colori” si rispondono (che Charles Baudelaire avesse scritto qui “Corrispondenze”?).

I giorni passano, noi lavoriamo e impariamo a vivere non proprio “da” monaci, ma “con” i monaci e le monache della comunità ecumenica di Bose. All’inizio ci fanno un po’ soggezione, ma poi scopriamo che sono molto cordiali e gentili e estremamente accoglienti e affabili. E ci incuriosisce la loro vita, il loro mondo.

Arrivano: Albertini, Mescalchin, Mantoan, Salbe, Rizzo i prof. dell’area tecnica e c’è  pure la prof.ssa Favaretto. All’unisono ci invitano a recarci ad assistere alla preghiera della sera.
Gli Uffa! I Bof! Gli Uhm! non li piegano…. Ci spiegano che è un’esperienza che vale la pena di fare.

Ok, allora si va. Spegni i cellulari. Entra in chiesa. L’atmosfera è cupa, poi le luci tenui e calde si accendono gradatamente ed entrano ad uno ad uno, da destra e da sinistra, i monaci e le monache vestiti con una tunica bianca. Sembrano tanti fantasmi che cominciano a cantare a settanta voci salmi e preghiere, con un’armonia e una dolcezza che sciolgono ogni nostra resistenza e noia.
Usciamo contenti di aver fatto anche questa esperienza.

Poi l’ultima cena (sigh!), ma è un’ultima cena a sorpresa. Ci portano in una grande sala e a buffet ci avventiamo su vassoi pieni di pastasciutta, salumi, formaggi, carciofini, pane fresco! Slurp!
“Neanche le cavallette sono così voraci”, commenta Albertini sperando di afferrare almeno una fetta di salame.

Tutti a nanna! Domani partenza. Ma come? Di già?

Sabato 22 ottobre, ore 8: il bus, le valigie, gli attrezzi, l’appello. Pronti, partenza, via! Baci, saluti, lacrime non si contano: ce ne andiamo con tutti i nostri “rumori”, malinconici in una mattinata grigia che ci guarda partire con gli occhi di tanti monaci e monache che sono venuti a salutarci: li ringraziamo di cuore e ai quali diciamo con affetto arrivederci a presto!

I ragazzi della V A e V B CAT dell’IIS 8 MARZO – K. LORENZ