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“Avanzare nello Spirito: chiamati a un discepolato in trasformazione”

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Conferenza missionaria mondiale ecumenica ad Arusha
Conferenza missionaria mondiale ecumenica ad Arusha

La Conferenza missionaria mondiale ecumenica ad Arusha (Tanzania)
Jacques Matthey* per Finestra ecumenica

Dall’8 al 13 marzo di quest’anno si riunirà ad Arusha, in Tanzania, la conferenza missionaria mondiale organizzata e preparata dalla Commissione per la missione e l’evangelizzazione (CME) del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC). Circa novecento partecipanti celebreranno i doni di Dio, condivideranno storie personali, studieranno la Bibbia, rifletteranno sulle sfide contemporanee e cercheranno la guida dello Spirito, riuniti intorno al tema: “Avanzare nello Spirito: chiamati a un discepolato in trasformazione”.

Questa conferenza sarà la dodicesima di una lunga serie, iniziata circa vent’anni dopo la famosa conferenza di Edimburgo del 1910, considerata il punto di partenza del movimento ecumenico contemporaneo. Certo, Edimburgo non era una conferenza di natura “ecumenica” come la intendiamo oggi: essa era in gran parte dominata da personale delle missioni “tradizionali” ed evangeliche provenienti dall’emisfero settentrionale del globo. La sua particolarità fu legata alla partecipazione degli anglicani della “Chiesa alta” e alla qualità degli interventi sulla missione, ma anche alla riflessione sulle condizioni per una maggiore unità tra le chiese. Indirettamente, Edimburgo diede vita al Consiglio missionario internazionale (CMI), che organizzò la prima cosiddetta “conferenza missionaria mondiale” a Gerusalemme nel 1928. Da allora tali conferenze si sono riunite ogni 8-10 anni. In seguito alla fusione del CMI con il CEC nel 1961, queste conferenze si svolgono sotto l’egida del CEC e comprendono non solo i rappresentanti dei consigli missionari nazionali, ma anche rappresentanti delle chiese membri del CEC, inclusi gli ortodossi. La rappresentatività delle conferenze missionarie mondiali è stata ulteriormente ampliata dopo il concilio Vaticano II, quando l’adesione alla CME è stata aperta anche ai delegati cattolici e, più recentemente, ai pentecostali e agli evangelici.

Le conferenze missionarie mondiali

Qual è il significato di un tale incontro? Esso offre un’opportunità ai delegati di tutto il mondo e a molte chiese di ripensare il loro impegno e le loro priorità missionarie, nonché il ruolo delle chiese in vista delle sfide che possono essere nel loro insieme individuate nello studio e nella preghiera. I documenti di tali conferenze missionarie mostrano l’enfasi tematica posta sulla teologia e sulla pratica della missione in un particolare momento della storia. Alcuni di questi documenti sono diventati pietre miliari nello sviluppo della testimonianza cristiana: la conferenza di Willingen (1952) introdusse il concetto di missio Dei, quella di Città del Messico (1963) fu caratterizzata dalla “missione in sei continenti”, quella di Bangkok (1973) allargò la prospettiva della salvezza e sfidò le strutture missionarie tradizionali chiedendo una moratoria. Nel 1980, a Melbourne, l’attenzione si concentrò sul ruolo dei poveri nella missione liberatrice di Dio. La conferenza di San Antonio (1989) elaborò una formula di consenso sulla testimonianza cristiana di fronte a persone di altre religioni. Organizzato a Salvador, in Brasile, l’incontro del 1996 mise a tema la relazione tra vangelo e culture. L’ultima conferenza della CME si è svolta ad Atene, in Grecia, nel 2005, con una preghiera come tema: “Vieni Spirito santo, guarisci e riconcilia”; in questo modo la pneumatologia, un po’ trascurata nella missiologia ecumenica, è stata riportata al centro della teoria e della pratica della testimonianza cristiana.

L’enfasi pneumatologica è ora pienamente presente nella nuova dichiarazione sulla missione del CEC, promulgata nel 2012 dopo molti anni di riflessione e di consultazione comuni, tra cui un’importante conferenza dedicata a quella dichiarazione a Manila nel 2011. Nel documento Insieme verso la vitala missione è considerata come ispirata e guidata dallo Spirito santo. In esso vengono sviluppati quattro aspetti principali: lo Spirito come “soffio di vita” attivo nella creazione e nella storia umana, lo Spirito di liberazione che conferisce potere a coloro che vivono ai margini della società, lo Spirito di comunione che permette alle chiese di testimoniare e di lottare per l’unità, e infine lo Spirito di Pentecoste che fornisce le ragioni e la capacità di condividere la buona notizia con tutti. Il documento intende tutte queste dimensioni come riferite al banchetto della vita offerto da Dio in Cristo, una vita piena che si realizzerà nel Regno che verrà, ma che è già reale ed è celebrata quando viviamo una spiritualità trasformativa nella missione.

Il documento Insieme verso la vita fornisce le principali basi teologiche per la conferenza di Arusha. Inoltre, si può fare riferimento alle deliberazioni dell’ultima assemblea del CEC a Busan, in Corea, con il suo appello a un pellegrinaggio comune per la giustizia e la pace: una spiritualità trasformativa nella missione deve essere vissuta come individui ma anche come comunità e in comunione e in solidarietà con le altre chiese e gli altri popoli. Abbiamo quindi un chiaro sviluppo tematico da Atene ad Arusha. 

Un ecumenismo ampio

Le dinamiche di Arusha possono tuttavia essere influenzate anche da un altro sviluppo. A partire dagli anni novanta, il CEC ha avviato un processo di riflessione sulla propria identità e sul proprio ruolo all’interno del più ampio movimento ecumenico. Lo spostamento del centro di gravità del cristianesimo dal nord al sud del mondo, ma anche la crescita delle chiese pentecostali e carismatiche, hanno richiesto un ampliamento degli orizzonti. Le riflessioni sulla missione e sull’evangelizzazione devono essere intraprese in relazione a quanti più attori possibili nel quadro della grande missione di Dio. Questa cooperazione all’interno del cosiddetto “movimento ecumenico allargato” è diventata sempre più evidente dal 2000 in poi. La conferenza di Atene fu preparata con una buona cooperazione non solo dei cattolici, ma anche dei pentecostali e degli evangelici. La celebrazione del centenario della conferenza di Edimburgo del 1910 ebbe luogo sotto la guida di un Consiglio al quale parteciparono gli organi più rappresentativi del vasto movimento ecumenico, da ortodossi e cattolici a evangelici e pentecostali. La pubblicazione nel 2011 di linee guida comuni sulla testimonianza cristiana a firma del CEC, del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e dell’Alleanza evangelica mondiale ha rappresentato un importante passo avanti in tale cooperazione. Ad Arusha almeno il 25% dei partecipanti dovrebbe rappresentare uno spettro più ampio rispetto al gruppo dei membri del CEC.

Quattro caratteristiche

Gli organizzatori dell’incontro di Arusha lo considerano come avente quattro caratteristiche: sarà un evento ecumenico, un evento missionario, una conferenza africana e un incontro influenzato dai giovani. Uno sguardo storico retrospettivo mostra come tali incontri abbiano sempre affrontato sia questioni relative alla missione sia il desiderio dell’unità della chiesa. Ospitato dalla chiesa evangelica luterana in Tanzania, l’incontro sarà modellato in modo significativo dagli africani, che saranno presenti in gran numero: la loro vita e le loro dinamiche spirituali, così come il loro approccio ai segni dei tempi e alle questioni teologiche dovrebbero dare a questa conferenza un’enfasi particolare. L’ultima conferenza missionaria mondiale del CMI o CME organizzata sul suolo africano si è svolta nel 1958 ad Accra, in Ghana, e fu durante questo incontro in Ghana che il CMI prese la storica decisione di fondersi con il CEC, al fine di mostrare che missione e chiesa stanno insieme. 

Gli organizzatori si aspettano da parte dei partecipanti giovani un contributo importante sul modo di pensare e di praticare la missione. Seguendo la tradizione di altri eventi ecumenici recenti, in parallelo alla conferenza è prevista l’organizzazione di un Istituto teologico ecumenico mondiale, in cui cento giovani studenti, studiosi e responsabili di chiese rifletteranno insieme sulle sfide missionarie contemporanee. Le loro deliberazioni avranno un impatto sull’intera conferenza.

“Avanzare nello Spirito: chiamati a un discepolato in trasformazione”: basandosi sull’enfasi pneumatologica posta dalle recenti riflessioni missiologiche nell’oikumene, l’attenzione si concentra sul discepolato. L’idea del discepolato deve essere trasformata, intendendola come un appello per un impegno attivo nella missione di Dio, per l’annuncio alla maniera di Cristo. Come discepoli abbiamo bisogno di essere costantemente trasformati dalla forza dello Spirito, imbarcati in un impegnativo viaggio spirituale guidato dai valori del regno di Dio, in solidarietà con le persone che vivono ai margini della società. L’invito è a un discepolato a caro prezzo che miri a trasformare questo mondo, così radicalmente segnato da ingiustizia, odio, razzismo ed esclusioni di ogni genere. In un testo allegato all’invito ai partecipanti, gli organizzatori formulano la sfida come segue:

Cosa significherà per noi, come individui e come chiese, essere trasformati nella potenza dello Spirito santo? Cosa significherà unirci allo Spirito nella sua opera di trasformazione e di guarigione di un mondo lacerato? Queste sono le domande che la nostra Conferenza affronterà. 

* Pastore della Chiesa riformata di Ginevra, 
già direttore della Commissione per la Missione e l’Evangelizzazione del CEC