Vincoli di fraternità dall'Egitto

Il Papa di Alessandria Tawadros II e papa Francesco
Il Papa di Alessandria Tawadros II e papa Francesco

“I vincoli di fraternità tra di noi ci stimolano a intensificare i nostri sforzi comuni, perseverando nella ricerca di un’unità visibile nella diversità, sotto la guida dello Spirito santo”. Papa Francesco ha voluto riprendere questo passaggio della Dichiarazione comune firmata il 28 aprile al Cairo nel messaggio rivolto al “caro Fratello” Tawadros II, papa di Alessandria in occasione dell’annuale giornata di amicizia tra le Chiese ortodossa copta e cattolica, lo scorso 10 maggio.

Una visita, quella di papa Francesco in Egitto, che ha attirato l’attenzione dei media mondiali soprattutto per la sua partecipazione a un Convegno sulla pace organizzato dall’Università islamica di al-Azhar e l’abbraccio cordiale scambiato con il grande imam al-Tayyib. Ma questo viaggio, breve quanto intenso, passerà alla storia come una tappa fondamentale del cammino verso l’unità visibile dei cristiani. Lo hanno ribadito, con accenti diversi e convergenti, Gianni Valente in un articolo su Vatican Insider ed Enzo Bianchi nel suo commento su La Stampa.

Non si sottolineerà mai abbastanza la portata ecumenica di questa due giorni del Cairo, iniziati nel contesto del dialogo interreligioso: già il fatto che al Convegno dell’Università di al-Azhar, oltre a papa Francesco, abbiano parlato anche il patriarca ecumenico Bartholomeos e il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Olav Tveit è stato il segno tangibile di come i cristiani possano offrire al mondo e alle altre religioni una voce concorde per nella diversità di accenti, dimostrando nei fatti di essere discepoli dell’unico Signore Gesù Cristo e, come tali, di avere “un cuore solo e un’anima sola”.

Ma il dato ancor più significativo è stato il contesto nel quale papa Francesco e papa Tawadros hanno firmato la Dichiarazione comune che afferma come “con un’anima sola e un cuore solo cercheremo, in tutta sincerità, di non ripetere il battesimo amministrato in una delle nostre Chiese ad alcuno che desideri ascriversi all’altra”. Una chiara, anche se canonicamente misurata, presa di posizione contro la prassi dei “ribattesimi”, tesa a ribadire il riconoscimento del sacramento impartito dall’altra Chiesa per ora a fini pastorali, in particolare nel caso di matrimoni misti. Una dichiarazione che papa Tawadros ha sottoscritto con audacia evangelica, nonostante fosse consapevole delle critiche che avrebbe sollevato in certi ambienti della sua Chiesa, critiche virulente sopraggiunte immediatamente.

Ma dichiarazioni congiunte e accordi bilaterali o multilaterali ne sono state firmate diverse in questi decenni di dialogo ecumenico: firme apposte in luoghi ecclesialmente significativi come le sedi di patriarcati storici o in spazi neutri come le sale di un aeroporto. Mai prima d’ora però si erano visti i firmatari – primati delle rispettive Chiese – unirsi subito dopo ai capi di altre Chiese per una preghiera comune: mai il papa di Roma e quello di Alessandria d’Egitto avevano pregato insieme al patriarca ecumenico di Costantinopoli, al patriarca greco-ortodosso di Alessandria, a due patriarchi cattolici-orientali (quello copto-cattolico di Alessandria e quello melkita di Antiochia), nonché a due vescovi della Comunione anglicana e ad altri vescovi, pastori, monaci e fedeli di tutte le Chiese cristiane. La proclamazione alternata delle beatitudini evangeliche, la recita in comune del Padre nostro, la preghiera spontanea nella propria lingua materna da parte del successore dell’apostolo Pietro e del successore di Marco evangelista sono evento dello Spirito reso possibile, come sottolineerà in seguito papa Francesco, dall’intercessione dei martiri che pochi mesi prima avevano versato il loro sangue nella chiesa che ospitava la liturgia ecumenica, la quale dedicata a san Pietro non è stata scelta a caso. E significativamente la preghiera comune si è chiusa con la processione silenziosa di papi e patriarchi fino al muro che conserva come reliquia il sangue effuso dai fedeli copti mentre celebravano il Natale del loro Signore.

Il dialogo ecumenico continuerà, così come continueranno la conoscenza reciproca e le manifestazioni di amore fraterno. Continuerà anche l’ostinata ricerca di convergenza verso un’unica data della Pasqua, perché unico è il Signore che è risorto dai morti e ha vinto la morte per sempre. In questo cammino, l’ecumenismo del sangue – cui la brutale violenza anticristiana ci riconduce con sempre maggior frequenza – è seme dell’unità dei cristiani, testimonianza radicale dell’unico battesimo nella morte e resurrezione del Signore Gesù.